La salute di genere in Toscana: politiche, bisogni di salute e cure erogate

A cura di: F. Voller, M. Puglia, V. Dubini


18/5/2023
L’11 maggio scorso è stato presentato in una giornata seminariale il nuovo Documento Ars dedicato alla Salute di genere in Toscana a 10 anni dalla sua prima edizione. Attraverso la collaborazione con i maggiori esperti che fanno parte della rete professionale sanitaria toscana sono stati analizzati molti aspetti relativi alla salute ed al ricorso ai servizi sanitari letti sotto l’ottica della differenza di genere. In questo approfondimento riportiamo parte dei contributi di maggiore rilevanza e/o innovativi rispetto al tema. 

I temi dell'approfondimento:


Il Capitolo 1 Che cos’è la medicina di genere cerca di ricapitolare ciò che in termini di normativa nazionale e di programmazione regionale è stato fatto per l’affermazione della medicina di genere all’interno del Servizio sanitario nazionale negli ultimi 10 anni. In Italia, grazie all’interessamento dei Ministeri delle pari opportunità e della salute con il contributo dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e dell’Istituto superiore di sanità (ISS), si è posta attenzione sulla medicina di genere. Tuttavia, la parola genere nelle leggi in sanità compare solo nel 2008 nel testo del dlgs. 81/08 negli articoli 1, 6, 8, 28, 40.

L’Italia è stata il primo Paese in Europa a formalizzare l’inserimento del concetto di “genere” in medicina, indispensabile per arrivare ad una effettiva “personalizzazione delle terapie”. Infatti, nel 2018 è stata approvata e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la legge 3/2018 “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute” Il 13 giugno 2019, il Ministero della salute (MS) ha approvato “Il Piano nazionale per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale” - di cui all’art. 3 della legge 11 gennaio 2018, n. 3. Il Piano è stato prodotto congiuntamente dal MS e dal Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS con la collaborazione di un tavolo tecnico-scientifico di esperti regionali sul tema, nonché dell’AIFA e dell’Agenas.

Nel dettaglio sono stati definiti gli obiettivi strategici, gli attori coinvolti e le azioni previste per una reale applicazione di un approccio di genere in sanità nelle quattro aree d’intervento previste dalla legge da declinare in un’ottica di genere: Percorsi clinici di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione (PDTA); Ricerca e innovazione; Formazione; Comunicazione.

In questo contesto la Toscana, anticipando i tempi, è stata la prima regione ad inserire nel suo Piano socio-sanitario l’elemento di genere. Infatti, già nel 2014 ha istituito il Centro di coordinamento regionale salute e medicina di genere. Il centro ha un modello organizzato “a rete”, è inserito all’interno del Sistema toscano per la salute e la medicina di genere (SMG), e periodicamente presenta alla Giunta regionale una relazione sulle attività realizzate e la programmazione delle attività per il periodo successivo. Con l’ultima delibera di Giunta regionale 1067/2022 è stato approvato il Documento tecnico pluriennale di attività”, predisposto dal Centro regionale SMG.

Lo stesso Capitolo 1 contiene anche un contribuito che aiuta a Leggere i dati in una prospettiva di genere dedicato a quali sono stati i cambiamenti dal punto di vista culturale, approccio alla cura, raccolta ed utilizzo di dati negli ultimi 30 anni in Italia, analizzando la discrasia tra i passi in avanti normativi e la pratica quotidiana all’interno dei servizi. Infatti, se sono stati fatti passi avanti nell’inclusione delle donne e si è incominciato a studiare il sesso/genere non binario, tuttavia nella maggioranza dei casi non è stato valutato l’effetto del genere sugli esiti di salute. Infatti, l’approccio sesso-genere non è stato adottato pienamente dall’industria farmaceutica e non è praticato in clinica. Si sottolinea l’importanza di raccogliere dati in modo da poter pienamente comprendere e valutare l’approccio di genere, che superi la mera stratificazione dei dati per sesso e si individuano le principali dimensioni che una raccolta dati per la valutazione di genere deve annoverare.
fig.2.1.4
torna in alto

Il Capitolo 2 fornisce un profilo demografico sociale ed economico, che si conclude con la descrizione e l’interpretazione degli indicatori di mortalità. In Toscana come in Italia nascono più maschi che femmine ma già in età adulta, intorno ai 35 anni, le femmine sorpassano numericamente i maschi, e con inesorabile progressione la quota di coloro che arriva a superare gli 80 anni è il doppio dei coetanei maschi.

Nonostante il COVID-19 abbia bruscamente diminuito per gli anni della pandemia l’aspettativa di vita, una donna toscana alla nascita può aspettarsi di vivere 85 anni mentre un uomo toscano 80: le donne vivono quindi circa 5 anni in più degli uomini. Il guadagno di anni di vita negli anni Sessanta era sostenuto perlopiù dalla diminuzione della mortalità infantile e giovanile, mentre a partire dagli anni ’80 è causato dalla riduzione progressiva della mortalità nelle età più anziane. Sono soprattutto le donne di oltre 65 anni ad avvantaggiarsi dai maggiori guadagni di sopravvivenza, anche se in misura minore dopo gli 80 anni. Gli uomini presentano tassi standardizzati di mortalità più elevati rispetto alle donne. Mentre gli anni di vita vissuti aumentano, a partire dagli anni ‘80, le nascite diminuiscono sempre più velocemente.
fig.2.4.2
La Toscana ha sempre registrato tassi di fecondità più bassi rispetto all’Italia, oggi il numero medio di figli per donna è di 1,19: il fenomeno della denatalità assieme a quello dell’invecchiamento della popolazione, l’aumento dell’età al primo figlio spingono a definire l’attuale situazione demografica della Toscana e dell’Italia un “inverno demografico” alla quale neanche la popolazione straniera residente riesce a porre rimedio, adottando comportamenti sempre più simili agli autoctoni per quanto riguarda la procreazione.
fig.2.2.2
La distinzione di genere rappresenta una variabile cruciale per comprendere gli aspetti collegati all’istruzione, al lavoro e all’autonomia economica. Titolo di studio e classi d’età incidono significativamente sulla propensione ad attivarsi e trovare lavoro, tendendo a diversificare il dato sulle disuguaglianze di genere.

Come è noto, più alto è il livello di istruzione, più diminuisce la distanza tra uomini e donne nei tassi di attività e di occupazione, che inoltre crescono significativamente rispetto alla media regionale. Le laureate in Toscana sotto i 34 anni hanno addirittura un tasso di occupazione più elevato dei coetanei, dato che poi si riduce (con titolo terziario e in totale) nelle fasce d’età immediatamente successive, in cui la donna può essere diventata madre e dover accudire figli minori. Per le laureate, però, il gap di genere rimane sempre inferiore rispetto ai valori totali, segno che un titolo di studio terziario conferisce alla donna non solo una maggiore probabilità di trovare un lavoro regolare, ma anche più risorse per conciliare vita professionale e vita familiare.

La segregazione orizzontale, relativa alla distribuzione di genere dell’occupazione tra i settori economici e tra le professioni, rimane la principale fonte dei divari uomo-donna. È noto, infatti, come le donne tendano a concentrarsi nei servizi, mentre gli uomini risultino più omogeneamente distribuiti tra i settori di attività e maggioritari nell’industria e nelle costruzioni. La segregazione orizzontale riproduce in qualche modo la divisione del lavoro in un senso più ampio - quindi sia retribuito che non - affermatasi con forza con l’avvento della Rivoluzione industriale: gli uomini al lavoro e le donne in casa ad accudire bambini, mariti e anziani. Con l’entrata massiccia delle donne nel mercato del lavoro contemporaneo questa spartizione dei compiti vi si è trasferita, insieme agli stereotipi che definiscono le differenze di genere.
tab 2.3.1
torna in alto

Il Capitolo 3 affronta gli aspetti degli stili di vita che possono influenzare lo stato di salute quali il fumo, l’alcol, l’alimentazione, l’attività fisica e sportiva, il peso corporeo. Sono soprattutto questi a determinare la salute di maschi e femmine, e ad incidere sulla frequenza delle principali malattie croniche: malattie cardiovascolari e respiratorie, tumori, diabete.

Scelte individuali, ma fortemente condizionate dal contesto ambientale e sociale. In generale le donne assumono comportamenti più virtuosi rispetto agli uomini per quanto riguarda il fumo, l’alcol e l’alimentazione mentre risultano più sedentarie. Queste considerazioni che sembrano valere per la popolazione adulta ed anziana sono significativamente diverse se si considera la sola popolazione adolescente: in questo caso l’omogeneità degli stili tra i generi è molto marcata, molto probabilmente condizionata dai processi di globalizzazione di merci e persone. In questa fascia d’età la prevalenza di consumo di tabacco è più alto tra le ragazze rispetto ai coetanei come anche i fenomeni di consumo di alcol eccedentario, in particolare le ubriacature nell’ultimo anno.
fig.3.2.5
In Toscana il profilo alimentare nel genere femminile si rivela orientato verso un maggior consumo di frutta e verdura e di latte. Negli uomini la dieta, oltre ad essere meno attenta all’apporto di frutta e verdura, risulta più ricca di salumi e carni. Il consumo a livelli adeguati di frutta e verdura rimane però una criticità rispetto alle abitudini alimentari, in Toscana come in Italia.

La sedentarietà e l'attività fisica insufficiente si confermano come temi rilevanti, che risultano maggiormente diffusi tra le donne e tra le persone anziane: le donne praticano meno sport e se lo fanno riescono a dedicarci meno ore. Per la popolazione adulta possiamo ipotizzare però anche una diversa possibilità di accesso alle pratiche sportive a causa della differente partizione dei ruoli familiari, in cui la conciliazione tra lavoro, famiglia e impegni personali risulta molto più problematica per le donne rispetto agli uomini.

Per quanto riguarda il peso corporeo, sembra che le donne avendo una dieta più sana, rientrino più frequentemente nella categoria “normopeso”, ma acquisiscano e sviluppano abitudini di controllo del cibo più pervasive che sembrano “proteggere” maggiormente dal sovrappeso, ma che parallelamente possono innescare abitudini preoccupanti sotto il profilo del benessere complessivo di salute sin dalla giovane età.

torna in alto

Con il Capitolo 4 si entra nel merito delle diverse patologie attraverso le quali meglio si evidenziano le differenze di genere.

I primi due gruppi di patologie analizzati sono quelli che costituiscono le principali cause di decesso in entrambi i generi e sono le malattie del sistema circolatorio e i tumori: se l’attenzione per la salute e la medicina di genere è relativamente recente in cardiologia questa necessità si è manifestata prima rispetto ad altri campi di interesse medico. Lo studio delle differenze sesso-genere si deve all’osservazione di alcune evidenze dell’inefficacia di alcune terapie, degli outcomes, ed anche delle manifestazioni delle malattie cardiovascolari nei due sessi. L’eterogeneità nel meccanismo fisiopatologico, nella manifestazione, nella prognosi e nella risposta al trattamento della CVD (cardiovascular disease) tra pazienti di sesso maschile e femminile è ormai evidente. Tuttavia, la maggior parte degli studi in ambito cardiovascolare si sono tradizionalmente concentrati su soggetti di sesso maschile. In Toscana i maschi presentano una incidenza più elevata di infarto del miocardio acuto (IMA), una prevalenza più elevata di scompenso cardiaco e di ictus cerebrale. È infine più elevata tra gli uomini anche la prevalenza di ipertensione arteriosa.

Le malattie cardiovascolari (MCV) presentano differenze di genere legate in primo luogo a differenze biologiche (quali il ruolo degli ormoni sessuali ed in particolare durante la menopausa), a differenze nella prevalenza dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare quali il fumo, il diabete, l’ipertensione e la depressione, a una diversità nei sintomi di presentazione ovvero una maggior frequenza di sintomi “atipici” nelle donne, un fraintendimento dei sintomi da parte delle donne ed una minor consapevolezza tra gli operatori sanitari della importanza della MCV nelle donne per la convinzione che siano protette rispetto alle MCV. Questa serie di fattori porta a differenze di genere nel trattamento e negli esiti delle sindromi coronariche acute legati anche a una diversa risposta ai farmaci tra donne e uomini, in particolare nelle donne si osserva spesso un minor uso delle terapie indicate dalle linee guida.
fig.4.1.1.1Numerosi dati in letteratura suggeriscono l’esistenza di una differenza di genere nella patologia oncologica, rilevabile sia nella maggiore suscettibilità all’insorgenza di neoplasie nel sesso maschile, sia nella sopravvivenza dei pazienti con diagnosi di tumore, migliore nel sesso femminile. Ogni anno in Toscana vengono diagnosticati circa 25mila nuovi tumori (esclusi i tumori cutanei diversi dal melanoma) e il peso delle singole patologie tumorali varia molto in funzione del genere. Il quadro oncologico nelle donne è dominato dal tumore della mammella (28.5% di tutti i tumori femminili), mentre tra gli uomini al primo posto in termini di frequenza troviamo il tumore della prostata (17%).
tab.4.2.1.1
Se valutiamo l’andamento del numero delle nuove diagnosi, tra gli uomini si assiste ad una sostanziale stabilità dell’incidenza oncologica, con una diminuzione del tumore della prostata e del tumore del polmone, effetto della riduzione del numero di fumatori, mentre nel sesso femminile l’incidenza di tumori nel complesso è in significativo aumento, a causa dell’aumento dell’incidenza del tumore della mammella e del tumore del polmone, quest’ultima legata al cambiamento dell’abitudine al fumo delle donne avvenuto negli ultimi decenni. In entrambi i sessi sono inoltre in crescita due patologie a buona prognosi frequenti tra i giovani, rappresentate da melanoma e tumore della tiroide, mentre è in riduzione il tumore del colon-retto, in virtù dell’introduzione di programmi di screening organizzato. Anche per quanto riguarda l’analisi della sopravvivenza il genere è particolarmente importante: nel complesso, la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per tutti i tumori risulta più alta tra le donne rispetto agli uomini e in netto aumento rispetto al passato.

Altre patologie croniche analizzate in questo capitolo sono il diabete, l’osteoporosi e l’incontinenza urinaria che per ragioni diverse presentano delle caratterizzazioni di genere importanti.
Dati nazionali e toscani mostrano una prevalenza maggiore della malattia diabetica nei maschi in tutte le fasce di età ad eccezione degli under 45 che presentano prevalenze quasi sovrapponibili nei due generi. Nei diabetici il profilo di rischio cardiovascolare è peggiore nella donna, così come è più elevato il rischio di complicanze cardiache fatali soprattutto con l’insorgenza della menopausa, comportando nella donna diabetica una qualità ed un’aspettativa di vita peggiori. Una forma di diabete, il gestazionale, inoltre, è per definizione una malattia di genere e di per sé un fattore di rischio importante per l’insorgenza di diabete di tipo 2 negli anni successivi.

Una donna su tre e un uomo su sette si stima siano affetti da osteoporosi. Tra gli anziani, le fratture osteoporotiche rappresentano una delle maggiori cause di mortalità, con un’incidenza sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e tumore della mammella. Dal 2002 al 2022 in Toscana si sono verificate circa 175.000 fratture di femore riferite ad oltre 168.000 persone residenti in Toscana, con un tasso standardizzato che diminuisce lievemente in entrambi i generi nel corso del periodo considerato. Il rapporto numerico nei ricoveri per sesso è a sfavore, come aspettato, della popolazione femminile (circa ¾ del totale), percentuale che rimane stabile nel tempo. La mortalità è elevata in quanto ad esempio nel 2022 il 4,5% dei fratturati maschi e 1,8% delle donne sono decedute durante il ricovero, 11,6% ed il 4,5% nei successivi 30 giorni e, stavolta riferiti all’anno 2021, il 32,2% ed il 18,2% entro l’anno successivo alla frattura.
fig.4.3.2.1
In Italia si stimano circa 5 milioni di persone con incontinenza urinaria, di queste la prevalenza sono di genere femminile. L’incontinenza urinaria maschile è maggiormente rappresentata dopo i 75 anni. I numeri indicano che si tratta di patologia da non sottovalutare, non solo per i risvolti medici, ma anche per quelli economici, sociali e relazionali.

Passando invece alle malattie rare è stata osservata una maggiore sopravvivenza nelle femmine rispetto ai maschi, in particolare riferita a specifici gruppi nosologici (ghiandole endocrine, sistema nervoso centrale e periferico, apparato respiratorio, cute e tessuto sottocutaneo, sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo). L’ospedalizzazione appare sostanzialmente simile nei maschi e nelle femmine anche se il tasso di ospedalizzazione delle MR del metabolismo risulta più elevato nelle femmine mentre, nelle malattie del sistema immunitario, si osserva un tasso più elevato nei maschi. Invece, i gruppi delle malattie del metabolismo e dell’apparato visivo mostrano una proporzione di ricoverati più alta nelle femmine rispetto ai maschi.

Non ci sono malattie infettive che colpiscono esclusivamente il genere femminile, anche se ci può essere una diversa prevalenza delle diverse affezioni a seconda del genere. L’importanza delle malattie infettive nell'analisi per genere è in gran parte legata alla possibilità di trasmissione verticale dell’infezione, da madre a bambino, e alla possibilità di trasmissione sessuale.

Non si può però non iniziare dal COVID-19, che, come per le altre patologie affrontate in questo capitolo, si presenta con caratteristiche diverse in uomini e donne. I dati di monitoraggio dei sistemi di sorveglianza e gli studi effettuati in Paesi diversi su dati clinici di pazienti contagiati hanno prodotto già molte evidenze in merito all’associazione tra genere e rischio di contagio e di sviluppo di COVID-19 severa o decesso. 
fig.4.6.1.2
Secondo quanto riportato dall’Istituto superiore di sanità al 4 gennaio 2023, dall’inizio della pandemia in Italia si sono contagiati 11.845.217 uomini (pari al 41% dei residenti) e 13.595.672 donne (pari al 45%). I deceduti sono stati però 101.700 uomini (353 per 100mila residenti) e 84.494 donne (280 per 100mila residenti), per una letalità pari allo 0,9% tra gli uomini e allo 0,6% tra le donne. Questi dati complessivi suggeriscono come gli uomini, pur contagiandosi meno rispetto alle donne, corrono in realtà rischi maggiori per la propria salute. Contestualmente, studi su pazienti sopravvissuti all’episodio acuto del contagio hanno evidenziato che, in parte anche per la loro maggiore capacità di sopravvivenza, le donne sembrano soffrire con più frequenza, nel periodo successivo all’infezione acuta di quella che è stata individuata come sindrome del Long Covid, cioè la permanenza di sintomi come affaticamento, dolore toracico, dolori muscolari, palpitazioni, dispnea, deficit d’attenzione, ansia e depressione, disturbi del sonno anche a distanza di mesi dalla negativizzazione.

Per quanto riguarda HIV/AIDS la modalità di trasmissione prevalente risulta quella sessuale. È però importante notare che la diagnosi nelle donne viene fatta più precocemente rispetto agli uomini che rappresentano ancora oltre il 75% dei casi, grazie ad un efficace screening prenatale.
Non sono state dimostrate delle differenze di progressione di malattia tra uomini e donne ma è emerso da alcuni studi che nelle donne viene a crearsi una situazione di maggiore attivazione immunitaria durante la cronicizzazione dell'infezione con una maggiore probabilità di sviluppare tutte quelle patologie associate all'infezione da HIV quali patologie cardiovascolari, aterosclerosi, osteoporosi o osteopenia, menopausa precoce.

Ampio spazio è stato destinato alla trattazione delle altre malattie a trasmissione sessuale (Papilloma virus, Chamydia trachomatis, Neisseria gonhorroeae ecc. ecc.). Ci sono caratteristiche come la mancanza di conoscenze sul tema delle MTS, l’utilizzo saltuario o non utilizzo del profilattico e il numero di partner sessuali, che sono identificate come alcune fra le principali fonti di rischio in grado di aumentare la probabilità di contrarre un’infezione sessuale. Questi fattori possono essere considerati aspecifici, gran parte della letteratura, indipendentemente dall’area geografica di provenienza, identifica come a “maggior rischio” alcuni sottogruppi di popolazione tra i quali: il sesso femminile, gli adolescenti e gli omosessuali maschi. Ma ciò che ulteriormente distingue il sesso femminile da quello maschile sono le conseguenze sanitarie che da queste derivano. La diversa conformazione degli organi genitali maschili e femminili, associata a stati sintomatologici non sempre presenti, fanno sì che le donne vadano incontro a rischi sanitari maggiori.
fig.4.6.4.2
Passando alle patologie di natura mentale, vi sono aspetti sia di natura biologica che sociale in grado di produrre marcate differenze di genere in determinate fasi della vita studi di popolazione hanno dimostrato il maggior interessamento del genere femminile in tutte le fasce di età in Italia come in Toscana. Analizzando la distribuzione del disturbo mentale nella popolazione generale residente in Toscana si osserva un maggior interessamento del sesso femminile sia nelle fasce giovanili che fra gli adulti.
fig.4.7.1
Per quanto riguarda la fascia di età 14-19 anni, lo studio toscano EDIT 2022 ha rilevato un livello di distress elevato nel 52,7% delle femmine rispetto al 20,8% dei maschi così come nell’analisi dei disturbi del comportamento alimentare (maschi: 18,6% vs. femmine: 50,5%). Sempre di popolazione generale, ma rivolto alla popolazione adulta, lo studio svolto in Toscana nel 2020 ha registrato una prevalenza nella vita di almeno un disturbo mentale pari al 28,5% con una differenza fra i due sessi di dieci punti percentuali (maschi: 23,3% vs. femmine: 33,2%). Le donne, più degli uomini, ricorrono al ricovero ospedaliero e ai servizi territoriali di salute mentale affette prevalentemente da disturbi affettivi (categoria composta dalle forme depressive e maniacali, dal disturbo bipolare, la distimia, la ciclotimia ecc.) e da disturbi d’ansia e somatoformi (disturbo di panico, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi della personalità, ecc.). Il maggior interessamento del genere femminile in alcune forme patologiche rende di facile interpretazione il dato che identifica le donne come le maggiori utilizzatrici di antidepressivi con una differenza donne/uomini che si accentua dai 45 anni in poi.
Venendo al consumo di sostanze chimiche e non, il 22,4% degli studenti (indagine EDIT) ha dichiarato di aver utilizzato almeno una volta nella vita una sostanza stupefacente, e, per la prima volta con una sostanziale parità di genere, come già rilevato per altri stili di vita.
fig.4.8.1
Le cause accidentali costituiscono la quarta causa di morte negli uomini e la settima nelle donne. Vi si comprendono gli incidenti e gli infortuni sul lavoro. Gli incidenti stradali sono un fenomeno in cui il genere femminile viene coinvolto decisamente meno rispetto a quello maschile. Le donne infatti, oltre a guidare meno sono anche più prudenti, e dunque meno soggette a sanzioni amministrative da parte delle Forze dell’ordine, ed inoltre sono responsabili di un numero minore di incidenti stradali. Le femmine assumono in questo ambito un ruolo da protagoniste negative principalmente nella categoria dei pedoni dove rappresentano la quota maggiore di feriti in ogni classe di età.
Gli incidenti domestici invece colpiscono prevalentemente il genere femminile, specialmente la categoria delle casalinghe.

Nell’ambito lavorativo l’analisi dei dati relativi agli infortuni sul lavoro (esclusi quelli in itinere) definiti positivamente da Inail (in quanto attribuibili all’attività lavorativa) fra il 2010 ed il 2020 presenta un trend complessivo in diminuzione anche se con andamenti che, se pur tendenti ad un certo allineamento, non appaiono concordanti nei due sessi. Se infatti nei maschi il totale degli infortuni decresce in modo significativo, per le donne il dato risulta più stabile, con minime oscillazioni annuali e soprattutto con un incremento nel 2020, a causa dei contagi COVID diffusi nel settore della sanità, a prevalenza tipicamente femminile.

Identico trend anche per le malattie professionali, che, per settore produttivo vede prevalenti per i maschi il settore estrattivo e delle costruzioni e quello manifatturiero, mentre per le femmine il settore manifatturiero, quello dei servizi e della sanità (anche se con indici più contenuti). Sia nei maschi che nelle femmine sono prevalenti le malattie muscolo- scheletriche, soprattutto nelle donne, più frequenti invece nel sesso maschile sono i casi di tumori e malattie a carico dell’apparato respiratorio, probabilmente anche per la stretta associazione di queste patologie con i settori dell’industria dove prevalente è la forza lavoro di sesso maschile. Nelle donne risultano più frequenti le malattie legate a fattori di rischio psicosociale.

Relativamente alle patologie autoimmuni, queste presentano una diversa distribuzione nella popolazione generale e differenze tra i due sessi, non solo in termini di prevalenza di malattia (più frequenti nel sesso femminile), ma anche come presentazione clinica e severità di malattia (generalmente più severe nel sesso maschile). I meccanismi alla base di queste differenze sono in parte spiegati con differenti espressioni di geni ad attività immunoregolatoria nei due sessi e la differente azione degli ormoni sessuali, ma molti sono ancora i meccanismi da chiarire e che necessitano di ulteriori studi.

Il paragrafo successivo è dedicato alla salute riproduttiva. Contrariamente al passato, oggi il concepimento è un evento quasi sempre lieto e fortemente desiderato: in Toscana, come in Italia, diminuiscono le interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), grazie agli sforzi fatti per prevenire le gravidanze indesiderate e per diffondere l’informazione sulla procreazione responsabile, in particolare dai consultori familiari verso la popolazione immigrata o minorenne. Il tasso di abortività in Italia è fra i più bassi tra quelli dei Paesi occidentali. In Toscana, pur con un tasso di abortività di 6 per 1.000 che si mantiene sempre superiore alla media nazionale, si assiste, con il passare del tempo, ad un decremento in termini assoluti.
fig.4.12.1.1
Alla diminuzione delle IVG ha contribuito sicuramente anche l’opportunità per le donne di fornirsi in farmacia di farmaci per la contraccezione d’emergenza senza ricetta medica. In Toscana, sta contribuendo a questa riduzione anche la contraccezione gratuita che viene offerta nei consultori ai giovani dai 14 ai 25 anni, agli adulti tra i 26 e i 45 anni in alcune condizioni (ad esempio disoccupati e con familiari a carico) e alle donne tra i 26 e i 45 anni, entro 12 mesi dal parto o entro 24 mesi dall’interruzione della gravidanza.

Dall’analisi del flusso Istat degli aborti spontanei emerge che il tasso di abortività spontanea nell’ultimo decennio si è mantenuto pressoché costante (4,5 per 1.000 donne residenti di 15-49 anni in Toscana nel 2021). Il rischio di aborto spontaneo è connesso all’età della donna, cioè è più frequente in età avanzata. È aumentata negli anni l’incidenza di gravidanze over 40 e sono aumentate progressivamente le donne che ottengono una gravidanza ricorrendo a tecniche di fecondazione assistita. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita può portare ad un numero maggiore di gravidanze plurime e di gravidanze a rischio. Inoltre, l’età materna avanzata è caratterizzata da un rischio maggiore di complicazioni della gravidanza materna come l’ipertensione, il diabete, le problematiche placentari e il rischio significativamente più elevato di parto cesareo.

Per quanto riguarda l’assistenza in gravidanza, nonostante il medico specialista in ostetricia e ginecologia in regime privato attragga ancora la maggioranza delle donne (44,4% nel 2021), sempre più donne preferiscono essere seguite da una struttura pubblica (consultorio o ospedale) durante la gravidanza. L’assistenza in gravidanza in Toscana si mantiene di alto livello: il 95,4% delle donne con gravidanza fisiologica effettua gli esami previsti dal libretto di gravidanza e segue il protocollo regionale. A livello di controlli effettuati in gravidanza, si mantengono sempre elevati sia il numero medio di visite (7,3 nel 2021) sia il numero di ecografie.

Nel capitolo largo spazio è stato dedicato anche alla tematica della depressione materna perinatale, dalle analisi condotte è stato possibile identificare sottogruppi di popolazione a maggior rischio di disagio psichico e psicosociale perinatale verso i quali indirizzare interventi di prevenzione e di presa in carico precoce. Si tratta di donne più fragili che hanno probabilmente un minor sostegno da parte della rete familiare ed una situazione economica più difficoltosa, delle donne con stili di vita meno salutari, come le fumatrici, il sottogruppo di mamme che ha subito degli eventi fortemente stressanti o chi ha partorito prematuramente con tutte le difficoltà che un neonato prematuro comporta.
fig.4.12.2.1
Le donne straniere presentano un minor rischio rispetto alle italiane, probabilmente legato a un minore ascesso ai servizi per queste problematiche nonostante l’accesso ai servizi in gravidanza sia gratuito e negli ultimi anni abbia coinvolto la quasi totalità delle partorienti straniere. Per la prima volta si affronta anche il tema del disturbo perinatale paterno, in Italia la frequenza di questo disturbo si situa tra il 9 ed il 12% in linea con la frequenza della depressione materna.

torna in alto

Nel Capitolo 5 vengono trattati i temi della violenza di genere e dello sviluppo ed implementazione del Codice rosa in Toscana. La violenza sul genere femminile è un tema di costante attualità che spesso, ancora oggi, rimane impunita a causa della natura intima e/o sessuale di queste azioni.

In Toscana tra il 2006 ed il 2021 sono avvenuti 128 femminicidi, ovvero omicidi di donne e ragazze contraddistinti da una motivazione di genere. Delle 128 donne vittime di femminicidio in Toscana tra il 2006 ed il 2021, 34 (26,6%) avevano cittadinanza straniera. Allo scopo di affrontare con maggior determinazione questo fenomeno, la Regione Toscana ha istituito sul proprio territorio numerosi Servizi in grado di rispondere in modo adeguato ai bisogni espressi da coloro che vivono questo tipo di esperienza monitorandone anche l’andamento nel corso degli anni. Al fine di facilitare ulteriormente l’avvicinamento delle vittime al circuito assistenziale, è nato il progetto “Codice rosa” che, dopo un primo avvio in 5 Aziende USL della Toscana, è stato diffuso in un modello a rete su tutto il territorio regionale.
tab.5.1
La Rete regionale Codice rosa si struttura come una Rete tempo-dipendente in grado di attivare risposte rapide per i bisogni di cura delle persone vittime di maltrattamento e/o abuso, attraverso il riconoscimento della violenza e la realizzazione di percorsi sanitari e sociosanitari specifici dedicati alla violenza di genere, il maltrattamento/abuso dei minori, delle persone anziane, delle persone discriminate sessualmente, delle persone portatrici di disabilità etc. sempre in un'ottica gender sensitive. In riferimento alla Rete regionale Codice rosa, dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2021 si sono registrati nei Pronto soccorso della Toscana 25.704 accessi codificati come Codice rosa (quasi 3700 relativi ai minori).

torna in alto

Nel Capitolo 6 si parla di identità di genere che è definita come il senso interiore di sé, che può essere maschile, femminile, un mix di entrambi, nessuno dei due o altre infinite sfumature. Per la maggior parte delle persone, il sesso assegnato alla nascita sulla base delle caratteristiche dei genitali esterni è in linea con l’identità di genere e ci riferiamo a queste persone con il termine cisgender. Al contrario, le persone transgender sono quelle persone che si identificano in modo persistente o transitorio, completamente o parzialmente, con un genere diverso a quello assegnato alla nascita. Si parla, infatti, di "incongruenza di genere" per indicare la divergenza tra il genere percepito e quello assegnato alla nascita. Nel caso in cui da questa incongruenza derivi una sofferenza o una compromissione significativa del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altri importanti ambiti si parla di "disforia di genere".

Le stime disponibili suggeriscono per la popolazione adulta una stima mondiale dello 0,5-1,3% per le persone trans AMAB (Assigned Man At Birth) e dello 0,4-1,2% per le persone trans AFAB (Assigned Female at Birth). In Toscana i dati dello studio Edit, indagine che ARS svolge con cadenza triennale su un campione di adolescenti di età compresa fra 14 e 19 anni rappresentativo della popolazione residente in Toscana della stessa fascia di età, riportano che il 2,8 % di rispondenti AMAB e il 5,3% tra le persone AFAB riferisce un’identità di genere non in linea col sesso attribuito alla nascita.
tab.6.1
torna in alto

Il capitolo 7, Genere e sessualità, si apre con un paragrafo dedicato alle disfunzioni sessuali con particolare riferimento alle patologie neoplastiche. Le disfunzioni sessuali femminili in ambito oncologico rappresentano una condizione sottostimata e poco indagata in confronto a quanto avviene nel maschio dopo un tumore della prostata, nonostante l’età media d’insorgenza sia in questo ultimo caso sensibilmente maggiore. I motivi sono molteplici. Troppo spesso la cura e il controllo della malattia neoplastica rappresentano l’unico obiettivo preso in considerazione. Talvolta, anche con percentuali elevate, sono proprio i medici che sottostimano il problema non dedicandovi l’attenzione e il tempo necessari anche perché non preparati a sufficienza per diagnosticare, inquadrare e trattare in maniera adeguata tale condizione. Grazie all’utilizzo di trattamenti multimodali, alle diagnosi precoci, alle nuove frontiere terapeutiche, i pazienti con alle spalle una storia di cancro vivono lunghe vite con la loro malattia. C’è bisogno pertanto di una costante attenzione anche alla cura dei ‘danni collaterali’.

All’interno dello stesso capitolo si parla anche dei disturbi della sessualità, è possibile, infatti, individuare un gender gap in medicina della sessualità, legato da una parte alla maggior consistenza di dati presenti in letteratura riguardanti la sessualità maschile, a sua volta correlata ad una ricerca di più lunga data sul tema, per decenni ritenuta più facilmente “oggettivabile” e dunque indagabile, e dall’altra, al contrario, alla maggior frequenza e spontaneità con la quale le donne solitamente ricorrono ad una valutazione ginecologica fin dalla giovane età, mentre l’uomo non sempre si sottopone ad una valutazione andrologica nel corso della vita, se non quando si presenta un problema di disfunzione sessuale o di infertilità.

In questo contesto, fare medicina di genere significa contribuire a colmare questo gap esistente tra l’universo della sessualità maschile e femminile, prendendo in considerazione una valutazione a tutto tondo anche del paziente maschio. La disfunzione erettile, eiaculazione precoce e quella ritardata sono affrontate in questo paragrafo pur nella difficoltà di dimensionare le stime epidemiologiche di coloro che soffrono di queste condizioni.

torna in alto
Nel Capitolo 8 dedicato a bambini e bambine si specifica come nonostante le diverse tendenze che nel corso del tempo ha seguito la natalità in Toscana, il rapporto maschi femmine nei nuovi nati è rimasto costante, ogni anno nascono in media 106 maschi ogni 100 femmine. Tale rapporto sbilanciato nei sessi alla nascita permette di compensare un leggero ma evidente svantaggio in termini di mortalità e morbosità del sesso maschile, che inizia precocemente già a partire delle primissime fasi della vita e che permane nel corso della crescita, fino all’adolescenza e all’età adulta.

I dati toscani, in linea con le evidenze internazionali, infatti evidenziano un aumentato rischio di complicanze - sia materne che fetali - nell’ultime fasi della gravidanza relativa a feti di sesso maschile, come la nascita pretermine e il ricorso al parto cesareo. Nelle fasi successive i bambini di sesso maschile, presentano tassi di mortalità e di ospedalizzazione superiori a quelli riscontrabili nel sesso femminile a 12 mesi di vita, a 1-4 anni e tra 5-14 anni. Tali dati - riferendosi alle prime fasi della vita - presumibilmente indicano uno svantaggio di natura biologica nel sesso maschile rispetto al sesso femminile, le cui cause rimangono ancora da chiarire.

All’interno del capitolo si affronta anche la tematica dei maltrattamenti dei minori ovverosia una condizione di maltrattamento che può concretizzarsi in una condotta attiva (percosse, lesioni, atti sessuali, ipercura) o in una condotta omissiva (incuria, trascuratezza, abbandono) e che l’assenza di evidenze traumatiche all’esame obiettivo fisico non può escludere l’ipotesi di maltrattamento. Tale definizione di maltrattamento copre un ampio spettro di condizioni raggruppabili in quattro forme principali: neglect (trascuratezza grave), abuso fisico, abuso sessuale e abuso psicoemozionale. Forme peculiari di maltrattamento sono inoltre le patologie da ipercura, lo sfruttamento e la violenza assistita.

Dal novembre 2015, all’interno dell’Ospedale Meyer di Firenze, è stato attivato lo Sportello GAIA, dedicato alla tutela dei diritti dei minori sia nell’ottica della prevenzione che dell’emersione di casi sospetti di abusi e maltrattamenti. Possono rivolgersi allo Sportello famiglie, semplici cittadini, adolescenti, professionisti (pediatri, medici, infermieri, assistenti sociali, insegnanti). Il GAIA, negli anni, ha notevolmente aumentato il carico di lavoro, dal 2008 al dicembre del 2022, il servizio si è occupato della presa in carico di circa 1200 bambini/e ed adolescenti pervenuti in Ospedale.
tab.8.2.1
torna in alto

Il Capitolo 9 è dedicato alla popolazione straniera in Toscana e si apre con un paragrafo sui flussi migratori: nello scenario migratorio, l’Italia rappresenta uno dei principali paesi del Mediterraneo in cui approdano i migranti che cercano di raggiungere l’Europa, registrando flussi ingenti in entrata. Rispetto agli anni precedenti alla pandemia, la quale ha sensibilmente condizionato i flussi migratori in entrata, si registra un netto calo sia delle richieste di asilo che degli sbarchi sulle coste italiane, nonostante nel 2021 i flussi in entrata siano duplicati rispetto all’annualità precedente. La diminuzione dei flussi migratori, inoltre, non deriva solamente dalle restrizioni in materia di mobilità dovute al COVID-19 ma recepisce verosimilmente una rinnovata cautela a iniziare progetti migratori in una fase di forte incertezza economica. Oltre a questo in Italia, nel 2021, sono state 92.870 le domande di regolarizzazione esaminate a fronte delle 207.879 domande pervenute. Dunque, solo il 45% delle domande sono state prese in esame e, fra queste, 2.953 sono state rifiutate, mentre 77.686 permessi di soggiorno sono stati rilasciati.

La Toscana è una delle prime regioni d’Italia per presenza straniera nel proprio territorio, con l’11.5% della popolazione residente nella regione proveniente da un altro paese. L’analisi della piramide delle età, con la distribuzione per genere della popolazione straniera residente in Toscana, mostra una maggiore densità nella fascia di età 30-49 anni per entrambe i generi, al contrario delle fasce di età più avanzate, dove la popolazione tende a ridurre la numerosità. L’analisi per genere, confermando il dato regionale, rivela alcune differenze tra i due generi con una maggiore presenza di donne in arrivo dalla Romania (22,4%), mentre la nazionalità più rappresentata nel genere maschile è la Repubblica popolare cinese (18,6%). Dalla letteratura si evidenzia che uno dei principali ambiti in cui si riscontrano differenze di genere è il mercato del lavoro, il quale espone maggiormente il genere femminile a svolgere impieghi lavorativi scarsamente retribuiti. Se la migrazione femminile in passato era principalmente motivata dai ricongiungimenti famigliari, al giorno d’oggi, ad esempio, con il progressivo invecchiamento della popolazione italiana, si è verificato un incremento della domanda del lavoro di cura, il quale attira prevalentemente donne dai paesi dell’Europa dell’Est.

Il paragrafo successivo si occupa della salute di genere nella popolazione straniera ripercorrendo gli indicatori principali di salute e di ricorso ai servizi declinandoli nel confronto con la popolazione italiana autoctona.
fig.9.1
torna in alto

Il Capitolo 10 tratta del tema delle cure incentrando le analisi per genere per il ricorso ai principali servizi sanitari ospedalieri e all’utilizzo dei farmaci focalizzando l’attenzione alla risposta.

L’approccio di genere nell’ospedalizzazione può essere utile per identificare eventuali casi di utilizzo sub ottimale delle risorse ospedaliere nei casi dove le differenze di genere non fossero dovute esclusivamente a fattori epidemiologici ma a problemi di equità di accesso. Seguendo gli spunti di una letteratura scientifica piuttosto scarsa, l’analisi dell’esperienza dell’ospedalizzazione e il suo esito in sopravvivenza viene condotta con attenzione alle dinamiche del ricovero per genere, secondo l’età e le tipologie di prestazioni, identificando eventuali differenze nell’uso dell’ospedale relativamente a ricoveri ordinari, Day hospital e urgenze, lungo il quinquennio 2017-2021, lettura che si integra agli indicatori di mortalità già trattati nel quarto capitolo.
fig.10.1.2
Ne emerge un quadro che sembra tratteggiare le fasi della vita che, nei diversi momenti, espongono uomini e donne al bisogno di assistenza, con i primi tendenzialmente più anziani e le seconde tendenzialmente più presenti in ospedale e suscettibili di interventi a maggior urgenza.

Le principali differenze di genere nel ricorso al Pronto soccorso sono riconducibili invece ad una predominanza dei maschi nella classe di età 0-14 e delle femmine nelle età più avanzate (80 anni ed oltre). Per quanto concerne le cause di accesso, escludendo quelle prettamente connesse al genere, troviamo tra le diagnosi più ricorrenti il dolore addominale e la cefalea per le donne e la colica renale e la ferita delle dita della mano per gli uomini. In entrambe i generi i traumatismi rappresentano la causa di accesso più ricorrente in assoluto, ma si caratterizzano per lesioni, di qualunque tipologia (fratture, contusioni, ferite …) a sedi del corpo differenti dovute ad infortuni sul luogo di lavoro, in itinere e stradali nei quali occorre più spesso il genere maschile, e infortuni domestici in cui è il genere femminile a prevalere anche grazie ai minor tassi occupazionali. In particolare la frattura del femore in tutte le sue parti e delle ossa lunghe del braccio e avambraccio, caratterizzano le femmine soprattutto dopo gli 80 anni, diretta conseguenza di patologie come osteoporosi che sono quasi ad esclusivo carico del genere femminile, mentre i maschi presentano fratture e lesioni in tutte le altre parti degli arti superiori (mani, polso, gomito, scapola e clavicola) oltre a lesioni agli occhi, in particolare corpi estranei nella parte esterna e traumatismi della cornea. 
tab.10.2.1
Per quando riguarda l’utilizzo dei farmaci, le analisi hanno evidenziato cinque classi di farmaci, rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, che hanno mostrato le maggiori differenze di genere in termini di modelli di consumo nella popolazione toscana: le differenze di genere osservate nell’utilizzo degli ormoni tiroidei, dei farmaci per l’ipertrofia prostatica benigna, degli antibatterici come la fosfomicina e della vitamina D e analoghi, e possono essere principalmente attribuite a differenze biologiche tra i sessi. Al contrario, è più probabile che le differenze legate al genere abbiano il maggiore impatto sul modello di consumo osservato per i farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale, come gli antidepressivi SSRI.
Il capitolo si chiude con un approfondimento dedicato all’atteggiamento del personale sanitario rispetto al genere.

torna in alto

Il Documento si chiude con il Capitolo 11 dedicato alla Donazione ed ai trapianti d’organo: in Toscana è il genere maschile che risulta essere prevalente tra i potenziali donatori segnalati (quasi il 54%, circa 3.400 persone) più inclini alla donazione, la stessa proporzione si mantiene anche quando si consideri i donatori effettivi (circa 1.800 donatori, ancora il 54% del totale). Anche per i trapianti troviamo una differenza di genere ancora più marcata: nel periodo 2002-2022 in Toscana sono stati eseguiti 5.733 trapianti d’organo, sia su pazienti residenti nella Regione (3.138; 54,7%), che su pazienti di altre Regioni (2.595; 45,3%). Dei 5.733 pazienti, 3.922 erano uomini (68,4%) e 1.811 donne (31,6%). Diverse motivazioni possono causare queste evidenti disparità: in particolare si deve considerare che gli uomini presentano una maggiore incidenza di malattie per cui si rende necessario un trapianto, oltre alle variabili legate allo status socio-economico ed alla posizione lavorativa che possono determinare parte di questa differenza.

torna in alto


A cura di  F. Voller, M. Puglia, V. Dubini - Agenzia regionale di sanità della Toscana




Per approfondire

Consulta e scarica il Documento ARS:
Consulta i materiali del convegno di presentazione del Documento ARS