24/5/2023
Il sistema di sorveglianza della mortalità materna (che rientra nel sistema di sorveglianza ostetrica Itoss - Italian Obstetric Surveillance System) coordinato dall’ISS raccoglie dati completi e affidabili sulla mortalità materna in 16 regioni e 2 province autonome (Valle D’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Toscana tramite l'ARS Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna e le province di Trento e Bolzano) che dal 2021 coprono il 97% dei nati in Italia.
Sono state presentate durante il convegno “I progetti dell’Italian Obstetric Surveillance System: la nascita durante la pandemia di SARSCoV-2, l’aggiornamento dei dati sulla mortalità materna e la programmazione delle attività post-pandemiche”, le prime stime nazionali della mortalità materna, che risulta diminuita da 11 a 8,3 decessi ogni 100.000 nati vivi nel periodo 2011-2019. Il dato presenta tuttavia una forte variabilità per area geografica con un gradiente Nord-Sud a sfavore del Mezzogiorno. La stima è infatti pari a 7,7/100.000 al Nord, 5,9/100.000 al Centro e 10,5/100.000 al Sud. La Toscana ha il rapporto di mortalità più basso con 3,6 decessi ogni 100.000 nati vivi.
Sul totale dei decessi entro 42 giorni dall’esito della gravidanza, la maggioranza (55,1%) ha riguardato morti dirette, ossia quelle dovute a complicanze ostetriche. Tra queste l’emorragia ostetrica figura al primo posto per frequenza (37,1%), seguita dalla sepsi (13,9%), dai disordini ipertensivi della gravidanza (13,4%) e dalla trombo-embolia (11,9%). L’analisi ha permesso di descrivere anche le cause indirette di morte materna, ovvero quelle secondarie a patologie preesistenti complicate dalla gravidanza. Tra queste, la patologia cardiaca è la prima per frequenza (28,8%), seguita dalla sepsi e dal suicidio materno, entrambe pari al 15,9% del totale dei decessi.
Oltre alla riduzione della mortalità materna a livello nazionale, ItOSS ha documentato anche una riduzione significativa delle morti materne dovute a complicazioni emorragiche nelle 6 regioni (Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana tramite ARS Toscana, Lazio, Campania e Sicilia) che, fin dall’inizio alla sorveglianza, hanno aderito e partecipato alle attività di ricerca e aggiornamento progettate per raggiungere questo risultato. Il numero di decessi per cause emorragiche nelle 6 regioni è infatti passato da 2,49 a 0,77 ogni 100.000 nati vivi.
Nascere durante la pandemia da COVID-19, minori esiti negativi con misure più rigide
Durante il convegno sono stati presentati i dati di uno studio internazionale coordinato da Inoss (che da quest’anno sarà presieduto dall’Italia) in 8 Paesi europei durante i primi 10 mesi della pandemia da COVID-19. L’incidenza di ospedalizzazione per COVID-19 è risultata pari a 0,77 per 1.000 gravidanze, con un range compreso tra nessuna ospedalizzazione in Islanda a 1,9/1.000 nel Regno Unito (0,88/1.000 in Italia). Un risultato originale dello studio riguarda l’impatto che le diverse misure di contenimento della circolazione del virus adottate nei Paesi partecipanti sembrano aver avuto sul rischio di ricovero per COVID in gravidanza. I Paesi che hanno applicato misure più rigide, come l’Italia, hanno registrato minori esiti negativi in gravidanza rispetto a quanto accaduto in contesti come quello svedese, in cui sono state adottate misure meno restrittive per la popolazione. L’Italia ha potuto contribuire a questo progetto grazie allo studio prospettico nazionale coordinato da ItOSS sin dai primi giorni di diffusione del SARS-CoV-2 nel Paese. Sono state arruolate oltre 11.000 donne in gravidanza positive al virus che si sono rivolte ai presidi sanitari e, durante il convegno, sono stati presentati i dati relativi alla qualità dell’assistenza offerta alla nascita. Specie nel Sud del Paese, molte di loro hanno dovuto rinunciare ad avere una persona di fiducia in sala parto (in Italia, in media, solo il 37,5% delle donne ha avuto questa opportunità) e sono state separate dai propri bambini alla nascita, spesso senza poter praticare il contatto pelle a pelle. In media, l’81,1% dei bambini nati da parti vaginali e il 56,4% di quelli nati con cesareo ha potuto condividere la stanza con la mamma durante il ricovero; l’88,0% dei nati per via vaginale e il 71,9% di quelli nati con cesareo è stato alimentato con latte materno. Il progetto ItOSS ha previsto anche la raccolta di campioni biologici delle donne con test positivo in gravidanza, permettendo lo studio della trasmissione materno-fetale del virus e la risposta anticorpale materna all’infezione da SARS-CoV-2. La trasmissione del virus al feto in gravidanza è stata confermata come un evento eccezionale, mentre la presenza di anticorpi è stata riscontrata nel 45,2% dei campioni di sangue prelevati da oltre 400 mamme durante la gravidanza e nel 39,7% di quelli prelevati da oltre 500 mamme al momento del parto. I dati raccolti tra gennaio e maggio 2022, durante la circolazione della variante Omicron, hanno permesso di rilevare anche lo stato vaccinale delle donne arruolate nel progetto. Tra le donne per le quali tale informazione era disponibile, il 55,0% aveva ricevuto almeno una dose di vaccino, condizione più frequente tra le meno giovani e le più istruite. In linea con la letteratura internazionale, le donne vaccinate rispetto alle non vaccinate hanno avuto una riduzione significativa sia dei sintomi da infezione da SARS-CoV-2 che della frequenza di polmonite e malattia grave da COVID-19.
Le novità della rete Itos per il dopo-pandemia
A gennaio 2024 ItOSS avvierà un nuovo progetto sui near miss ostetrici, ovvero quelle condizioni di grave morbosità materna che portano la donna quasi alla morte e che ci consentono di raccogliere dati preziosi in tempi notevolmente più rapidi rispetto alla sorveglianza della mortalità materna che, fortunatamente, raccoglie ormai meno di 35 casi annui in Italia. Il progetto includerà tutte le regioni e prenderà in esame: la cardiomiopatia, che è la patologia cardiaca responsabile del maggior numero di morti materne indirette in Italia; l’embolia polmonare, che è tra le prime cause di morte materna diretta e finora non è mai stata inclusa in un progetto ItOSS; i casi che richiedono un secondo intervento chirurgico dopo un taglio cesareo o un parto vaginale; e l’isterectomia, ossia l’asportazione chirurgica dell’utero a seguito di emorragia ostetrica. Quest’ultima condizione sarà contemporaneamente studiata anche nei Paesi del network Inoss, configurando il più ampio studio prospettico di popolazione mai realizzato a livello internazionale su questa condizione di grave morbosità materna.