L’uso dei farmaci antidiabetici in Toscana

Il consumo dei farmaci per il diabete è aumentato nel periodo 2016-2023, con una variazione media annuale (CAGR) dell’1,4%. In particolare negli ultimi due anni si rileva un aumento più deciso rispetto al periodo 2016-2021. Nei due anni di pandemia più intensi in termini di diffusione del contagio e ricaduta sul servizio sanitario non si è registrata alcuna flessione nei consumi, segno che il servizio regionale è riuscito ad assicurare una continuità assistenziale ai pazienti diabetici, anche grazie all’introduzione delle televisite specialistiche e della sempre maggiore diffusione della ricetta dematerializzata.
Il lento, ma progressivo, aumento di consumo di farmaci per il diabete è sicuramente dovuto, nel lungo termine, all’incremento della prevalenza del diabete nella popolazione. Esiste, infatti, un’evidente correlazione fra consumo di farmaci e prevalenza del diabete tra le diverse aree della Regione. Negli ultimi anni potrebbe aver contribuito all’aumento dei volumi di erogazione anche la ricerca, da parte dei clinici, di un controllo più accurato della glicemia. Infatti, se le linee guida del 2018 indicavano come obiettivo terapeutico generale il mantenimento dell’emoglobina glicata entro 53 mmol/mol, riservando obiettivi più ambiziosi a casi particolari, le linee guida del 2021 (le prime ad essere inserite nel sistema nazionale delle linee guida) consigliano invece di perseguire l’obiettivo di emoglobina glicata entro 48 mmol/mol nella maggior parte dei pazienti, obiettivo ribadito dall’aggiornamento 2023. Questa maggior aggressività del trattamento, resa possibile dalla più ampia disponibilità di farmaci che non inducono ipoglicemia, è mirata ad ottenere una migliore prevenzione delle complicanze a lungo termine del diabete.
Riguardo all’evoluzione della terapia farmacologica, questa corrisponde al cambiamento del panorama terapeutico intervenuto nel corso degli anni. La metformina è da molto tempo, e rimane tuttora, il farmaco di prima scelta raccomandato per la grande maggioranza delle persone con diabete di tipo 2.3,4,5 Sono oggi disponibili nuove classi di farmaci (inibitori DPP4, inibitori SGLT2 e agonisti del recettore del GLP-1) capaci di ridurre la glicemia senza provocare ipoglicemia e senza determinare aumento di peso, tra questi, i più semplici da usare (per rarità delle controindicazioni e per la virtuale assenza di effetti collaterali riferiti dai pazienti) sono gli inibitori DPP4, che infatti sono stati inizialmente i più prescritti tra i farmaci “innovativi”. Successivamente, i risultati dei grandi studi di sicurezza cardiovascolare hanno mostrato che, mentre gli inibitori DPP4 non hanno effetti né positivi né negativi sul rischio di malattie cardiovascolari, sia gli inibitori SGLT2 che gli agonisti del recettore del GLP-1 riducono l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori, con effetti che vanno probabilmente al di là del controllo glicemico. Inoltre, gli inibitori SGLT2 provocano anche una riduzione del rischio di ricovero per scompenso cardiaco e di evoluzione della malattia renale, tanto da aver ricevuto l’indicazione al trattamento dello scompenso cardiaco e della malattia renale cronica anche nei non diabetici. Questi risultati sono stati recepiti dalle linee guida, che posizionano SGLT2 inibitori e agonisti del recettore del GLP-1 in fasi relativamente precoci della storia naturale del diabete di tipo 2, suggerendone addirittura, nei pazienti con malattia cardiovascolare nota, l’uso fin dalla diagnosi, assieme alla metformina, indipendentemente dal controllo glicemico.4,5 Contemporaneamente, le linee guida, che già relegavano le sulfaniluree e le glinidi in terza istanza con diverse limitazioni nel 2018,3 raccomandano di de-prescrivere del tutto queste classi di farmaci già a partire dal 2021,4 confermando questa posizione nel 2023,5 anche in considerazione del profilo poco favorevole di sicurezza cardiovascolare.
L’evoluzione dell’utilizzo delle varie classi di farmaci, quindi, è in linea con lo sviluppo delle conoscenze sui loro effetti a lungo termine e con le conseguenti modifiche delle raccomandazioni delle linee guida: un iniziale entusiasmo per gli inibitori DPP4, apprezzati per la loro facilità d’uso e ottima tollerabilità, seguita da una progressiva crescita di agonisti del recettore del GLP-1 e inibitori SGLT2, che possono vantare effetti assai più ampi al di là del controllo glicemico. L’evoluzione delle nuove classi avviene, in larga parte, a scapito della prescrizione di sulfaniluree e glinidi, rese ormai obsolete dai nuovi farmaci.
A questo riguardo, la Toscana sembra reagire all’evoluzione del quadro terapeutico con maggior prontezza rispetto ad altre Regioni: la prescrizione di sulfaniluree, infatti, si riduce più rapidamente, e quella di agonisti del recettore del GLP-1 e inibitori SGLT2 aumenta di più, rispetto alla media nazionale così come riportata dagli annali AMD, che pure raccolgono dati provenienti soltanto da servizi di diabetologia, teoricamente più reattivi alle innovazioni terapeutiche rispetto alla Medicina Generale. Anche considerando il rapporto nazionale Osmed di AIFA, il consumo di sulfaniluree da sole in Toscana è più basso della media nazionale (2,2 DDD per 1.000 ab./die in Toscana nel 2023 vs 6 DDD per 1.000 ab./die in Italia nel 2022), mentre agonisti del recettore del GLP-1 e inibitori SGLT2 hanno un consumo più elevato rispettivamente 8,2 vs 6,5 DDD per 1.000 ab/die il con sumo dei primi (da soli) e 7,1 vs 3,9 DDD per 1.000 ab./die il consumo degli inibitori SGLT2 da soli. Il trend nazionale mostra, anche in questo caso, una riduzione maggiore delle sulfaniluree in Toscana, contestualmente ad un aumento maggiore recettore del GLP-1 e inibitori SGLT2.
La scelta della classe da utilizzare preferenzialmente, tra inibitori SGLT2 e agonisti del recettore del GLP-1, dipende dalle caratteristiche dei pazienti: gli agonisti del recettore del GLP-1 sono più efficaci sull’emoglobina glicata e determinano una maggior perdita di peso, mentre gli inibitori SGLT2 hanno effetti terapeutici specifici sullo scompenso cardiaco e sulla malattia renale. Non sorprende, quindi, che gli agonisti del recettore del GLP-1 siano più utilizzati in pazienti più giovani (mediamente più obesi e con minori comorbilità). Tra i pazienti più anziani, invece, risultano più spesso utilizzati gli inibitori DPP4, che, pur essendo meno efficaci, hanno comunque una maggiore tollerabilità rispetto ad altre classi di farmaci. Da notare che, nel corso dell’ultimo anno, la crescita degli agonisti del recettore GLP-1 ha iniziato chiaramente a rallentare, mentre ha accelerato quella degli inibitori SGLT2. Su questo potrebbero aver influito considerazioni di costo-efficacia, essendo gli inibitori SGLT2 meno costosi degli agonisti recettoriali del GLP-1. È probabile, però, che un contributo importante a questo rallentamento sia stato dato dalla scarsa disponibilità e dalle difficoltà di approvvigionamento per varie formulazioni iniettive di agonisti del recettore del GLP-1, che non possono essere comunque sostituite dalla formulazione orale della stessa classe, che ha un profilo di efficacia e tollerabilità differente.
La difficoltà di reperire il farmaco e di mantenere la continuità della terapia potrebbe aver influito negativamente anche sulle stime di aderenza alla terapia con questa classe di farmaci. Più in generale, le valutazioni di aderenza (DDD media e mediana, persistenza in terapia dopo un anno) mostrano che ci sono ancora ampi margini di miglioramento, con una proporzione rilevante di pazienti ancora caratterizzata da bassa aderenza e precoce discontinuazione del trattamento. Al tempo stesso, il confronto con gli anni precedenti mostra un chiaro miglioramento dei vari indici di aderenza, in maniera diffusa nella Regione, consentendo un discreto ottimismo al riguardo.
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