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L’uso dei farmaci antidemenza in Toscana

Data pubblicazione: 05 Marzo 2025

A cura di: 

Francesco Profili, Paolo Francesconi (ARS Toscana, Osservatorio di Epidemiologia); Maristella Piccininni (Ausl Toscana Centro, CDCD Neurologia Firenze, Presidio ospedaliero San Giovanni di Dio)



Il consumo dei farmaci antidemenza è leggermente diminuito negli anni 2016-2023, passando da 4,1 a 3,7 DDD per 1.000 abitanti/die. In parte ciò si spiega con il ridotto accesso degli utenti durante la pandemia da SARS-CoV-2 nel triennio 2020-2022, ma potrebbe essere dovuto anche ad alcune difficoltà di accesso dei pazienti nelle fasce di età più elevate al percorso demenza, che potrebbe portarli a rivolgersi a uno specialista privato che prescrive il farmaco generico. I dati toscani si discostano leggermente rispetto a quanto rilevato nello studio eseguito dall’Istituto Superiore di Sanità sulla popolazione italiana, relativo però al periodo di osservazione 2018-2020 (Ippoliti et al, 2023), dove si osserva una sostanziale stabilità delle prescrizioni nell’Italia centrale con una variazione media annuale 2019-2020 (CAGR) pari a -0,5%.

La memantina rappresenta il farmaco più prescritto con un trend in aumento, parallelamente ad una riduzione della prescrizione dei farmaci anticolinesterasici (mediamente del 5%). La memantina presenta anche la prevalenza d’uso più elevata (0,3%). Tra gli inibitori dell’acertilcolinesterasi il farmaco più prescritto è il donepezil. La maggiore prescrizione della memantina può essere spiegata in base al meccanismo d’azione e al profilo di tollerabilità del farmaco. Si tratta di un antagonista non competitivo dei recettori dell’N-metil-D-aspartato (NMDA) che pertanto non ha un’azione sul sistema di conduzione cardiaca, a differenza degli inibitori dell’acetilcolinesterasi, che potenziano il sistema colinergico. Inoltre, l’eliminazione per via renale fa sì che la memantina non presenti interazioni clinicamente significative con altri farmaci eliminati attraverso il sistema delle citocromo ossidasi epatiche. Ciò assume una maggiore rilevanza soprattutto tra i 75 e gli 84 anni, dove mediamente l’indice di comorbilità è maggiore, con conseguente assunzione di un numero elevato di farmaci.

Relativamente ai farmaci anticolinesterasici si assiste ad una costante flessione dei consumi, pari al -5%, con una marcata differenza nella prescrizione dei differenti principi attivi: si osserva infatti una riduzione dell’utilizzo della rivastigmina (DDD 0,6 per 1.000 abitanti/die), a fronte di un consumo di galantamina vicino allo zero (DDD <0,1) mentre, pur con qualche oscillazione, è più costante il trend dei consumi di donepezil (DDD 1,0). Ciò si spiega con il profilo di tollerabilità che favorisce una migliore aderenza alla terapia. La galantamina, infatti, è stata nel tempo utilizzata sempre meno poiché presentava più frequentemente effetti collaterali. Con la formulazione in cerotto transdermico la rivastigmina ha migliorato il profilo di tollerabilità, ma con la scadenza del brevetto sono comparsi sul mercato farmaci generici che non hanno una buona adesione cutanea e tendono purtroppo a risultare meno pratici nell’utilizzo (maggiore tendenza a staccarsi dalla pelle). Il donepezil è rimasto l’inibitore dell’acetilcolinesterasi più utilizzato poiché ha un migliore profilo di tollerabilità e si aggiunge il fatto che il farmaco può essere assunto per via orale autonomamente dal paziente che incontra maggiori difficoltà ad utilizzare il cerotto transdermico. Il donepezil viene però più frequentemente sospeso, rispetto agli altri principi attivi, a causa degli effetti collaterali, come suggerito da fatto che gli utilizzatori con una sola prescrizione nell’anno sono pari al 10,3%. In virtù del meccanismo d’azione, che determina un incremento del tono colinergico, può infatti determinare bradicardia che va monitorizzata, con particolare attenzione in pazienti con disturbi della conduzione cardiaca, che dopo i 75 anni d’età sono più numerosi.

La variabilità per Asl vede maggiori consumi tra gli assistiti della Asl Sud-Est, 4,2 DDD per 1.000 abitanti/die, rispetto al 3,7 della Asl Nord-Ovest e al 3,6 della Asl Centro, riflettendo il potenziamento dei Centri per i disturbi cognitivi e le demenze (CDCD) che si è verificato nel periodo 2021-2023 in seguito ai fondi del Piano Nazionale Demenze. Grazie ad esso, infatti, è stato possibile potenziare i CDCD attraverso una maggiore distribuzione nel territorio, più evidente nelle zone che erano più in sofferenza, come ad esempio la Val di Chiana Aretina nella sud est e l’isola d’Elba, dove il CDCD non era presente. 



prima di copertina rapporto farmaci asma e BPCO

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