SOLE 24 ORE SANITA' TOSCANA 9 luglio 2013 pag. 5
SPECIALE - Il profilo sanitario della popolazione estera nelle strutture regionali
In Toscana metà dei detenuti non sono italiani - Alto rischio di malattie infettive
Il sistema penitenziario italiano ha subìto importanti modifiche negli ultimi 25 anni riguardanti non soltanto il rapporto tra
immigrazione e detenzione, ma anche il numero totale di accessi che persone provenienti da differenti Paesi hanno avuto nelle nostre strutture detentive. Le legislazioni che si sono succedute in tema di immigrazione e di
tossicodipendenza hanno contribuito fortemente ad aumentare il numero dei detenuti all'interno delle carceri italiane e toscane: secondo le statistiche del ministero della Giustizia, aggiornate al 31 maggio del 2013, gli stranieri nelle carceri italiane hanno raggiunto ormai oltre il 35% di tutti i presenti (23.265), mentre in Toscana questa percentuale supera il 53%. Questo valore, molto al di sopra della media nazionale, varia all'interno dei diversi istituti, rivelandosi maggiore nelle Case circondariali e nelle aree metropolitane. La coorte del nostro studio è composta prevalentemente da
maschi, con titolo di studio basso e proveniente, per quasi la metà, dalla libertà. La maggior parte dei detenuti stranieri proviene dell'Africa del Nord e dall'Europa dell'Est. La proporzione di stranieri nella popolazione detenuta nelle carceri toscane è di quasi 5 volte superiore rispetto a quella presente fra la popolazione residente in Toscana. L'età media della popolazione detenuta straniera risulta inferiore rispetto a quella dei detenuti italiani, e ciò influisce positivamente sul loro stato di salute.
Partendo dai
disturbi psichici, predomina il disturbo da dipendenza da sostanze tra i nordafricani rispetto agli esteuropei. Risultano nettamente inferiori fra gli stranieri i disturbi psicotici - come quelli dello spettro schizofrenico e della personalità - patologie altamente invalidanti in grado di alterare la capacità dell'individuo di porsi su un piano di realtà. Opposti appaiono i risultati riguardo ai disturbi nevrotici o di adattamento che si manifestano in misura maggiore proprio fra gli stranieri (Nord-Africa 8,3%; Est-Europa 6,9%; Italia 7,2%) perché risentono delle diversità culturali che queste popolazioni si trovano a dover affrontare in un ambiente ristretto.
Sempre nell'ambito della salute mentale, gli atti di autolesione risultano molto elevati fra i nordafricani rispetto agli esteuropei (13,6% vs. 3,1%, 100 atti contro 18), superando il valore riscontrato fra i detenuti italiani (4,6%; 74). Il tentato suicidio segue lo stesso andamento, ma con percentuali ovviamente molto inferiori.
Riguardo invece alle
malattie infettive e parassitarie, i cittadini detenuti vengono considerati una popolazione ad alto rischio di contrarre malattie infettive, fra cui il virus Hiv, epatiti virali o altre infezioni sessualmente trasmesse. Fra le varie patologie, l'infezione da Hcv occupa il primo posto, con un valore complessivo del 6,9% sul totale dei detenuti stranieri. Ciò che appare particolarmente interessante riguarda invece l'elevata percentuale di infezioni da Hcv fra gli italiani (6,8%), rispetto ai nordafricani (1,6%) e agli esteuropei (2,1%). Negli stranieri, pur confermandosi l'elevata presenza del virus Hcv, si osserva una maggiore omogeneità con l'infezione da Hbv (0,7% nei nordafricani e 2,2% fra gli esteuropei).
Se volessimo tracciare un profilo sanitario "generico" della popolazione straniera presente nelle strutture detentive toscane, potremmo definire queste persone come potenzialmente a rischio di andare incontro a patologie croniche altamente invalidanti. La giovane età, attualmente, tende a mascherare i disturbi legati ad abitudini di vita scorrette (come l'alcol, il fumo o la dipendenza da sostanze) che richiedono, invece, una valutazione precoce per mettere in atto interventi mirati a ridurre il danno. Dato l'elevato numero di persone straniere presenti nelle nostre strutture, a nostro avviso occorre che la riforma sanitaria preveda un maggior coinvolgimento di figure professionali che siano in grado di affiancare i clinici nello svolgimento del loro lavoro, attivando un processo di
mediazione culturale.
Fabio Voller - Agenzia regionale di sanità della Toscana
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