REPUBBLICA FIRENZE 9 luglio 2013 pag. I-IV
Di recente l'ARS ha reso pubblici i risultati di una
ricerca condotta nel corso del
2012 nei
17 penitenziari toscani sullo
stato di salute dei detenuti. Lo studio, coordinato da Francesco Cipriani, ha compreso anche i detenuti minori di età, ristretti nelle case di Firenze ePontremoli. Com'è noto, èstata una legge del 2008 ad estendere al SSN la competenza sanitaria sulle carceri italiane. Bene ha fatto quindi la
Regione Toscana, mostrando fra le prime la necessaria attenzione verso questa fascia di popolazione, ad approfondire la conoscenza su un universo concentrazionario rimasto da sempre nell'ombra, un poco opaco e riottoso ad analisi puntuali e documentate. Dalla ricerca risulta che nel 2012 i detenuti in Toscana erano oltre 4 mila, la metà dei quali straniera, con una età media di 38,5 anni. Quasi il 10% dei detenuti è risultato senza alcun titolo di studio (contro il 4% fra la popolazione generale); poco più del 12% ha un diploma di scuola superiore (rispetto al 36%dellapopolazione generale).
Fra i minorenni, l'assenza di istruzione raggiunge il picco del50%. Pochissimi i laureati. La ricerca ha risentito delle difficoltà incontrate nel reperimento delle fonti documentali. Le conclusioni sono tuttavia attendibili e rendono un quadro fatto di molte ombre e qualche luce. D'altra parte, le carceri italiane non possono essere descritte come luoghi in cui possano essere assunti stili di vita che abbiano una qualche azione di educazione alla salute. Tralasciando coloro che hanno o continuano a fare uso di stupefacenti, il numero dei fumatori di tabacco è assai elevato, pari al 72% dei detenuti; solo il 43% fa esercizio fisico; appena il 33% è dedito ad abituale attività di lavoro (fra quest'ultimi le donne sono in maggioranza). Naturalmente, fra le cattive abitudini alimentari va incluso l'abuso di alcool, maggiormente diffuso fra la popolazione straniera che non fra gli italiani. In questo quadro, le malattie psichiatriche sono risultate il 41% del totale; seguono quelle dell'apparato digerente, quasi il 15% e poi quelle infettive, 11%. Significative anche le malattie endocrine e del metabolismo, associate spesso a cattiva nutrizione eridotta attività fisica. Le malattie infettive sono: l'HIV, con valori stimabili di 25 volte superiore alla normale popolazione; la tubercolosi: 0,9% fra i reclusi, contro lo 0,008% della popolazione italiana; sifilide: 0,6% contro lo 0,004%; impressionante il dato dell'epatite C: 229 casi, pari al 58,3% di tutte le malattie infetti ve. Dalla ricerca esce confermato il fatto che spesso i disturbimentali precedono il carcere, ma certamente il carcere li aggrava. Quasi il 48% assume farmaci antidepressivi, ansiolitici e antipsicotici. Quasi la metà dei pazienti conpatologie psichiatricheri sultano affetti da forme psicotiche particolarmente gravi. Tale quadro, di per sé grave, è ulteriormente appesantito dal numero elevato di atti autolesionistici denunciati in Toscana nel corso del 2012, pari a 204, cioè il 6,1%D dei detenuti con 44 tentati suicidi, cioè l' 1,3%D. Peri suicidi la ricerca non dà invece risultanze riferite allaToscana, mentre nel 2012 sono stati 56 i detenuti suicidatisi in carceri di altre regioni italiane, con una frequenza che risulta ben 17 vote superiore a quella fra la popolazione non detenuta.
In definitiva, le conclusioni della ricerca confermano il perdurare nelle nostre carceri di condizioni di vita e materiali non accettabili. E' un dover di civiltà, oltre che un obbligo giuridico superare la forte promiscuità, la totale mancanza di intimità, le condizioni diinediae apatia, quando non di violenza o sopruso, imposte da un ambiente e da regole spesso non attente alla dignità del detenuto, né di chine halacustodia. La ricerca dell'ARS contiene però ulteriori indicazioni che non dobbiamo lasciare cadere. Peri responsabili politici eistituzionali che si occupano delle politiche della salute, peri medici e i professionisti che sono a fianco dei malati, esse costituiscono la possibile agenda per un impegno rinnovato nei confronti diunapopolazione "penalizzata", che merita perciò tutta la nostra attenzione, se non vogliamo che il titolo delle ricerca "Lasalute dei detenuti in Toscana abbia alla fine un risvolto di involontaria ironia, se non di sarcasmo.
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