4/6/2012
Efficacia e sicurezza dei farmaci tra i temi trattati al convegno dell’ARS Toscana di oggiFIRENZE - I
farmaci per l’osteoporosi devono essere utilizzati
solo dai
pazienti a rischio più elevato di frattura (gli unici per i quali abbiamo fra l’altro un’adeguata documentazione di efficacia), in quanto non sono esenti da rischi. La ricerca più recente ha infatti confermato che un uso prolungato di questi farmaci aumenta il rischio di sviluppare una rara forma di necrosi della mandibola ed anche un’eccessiva mineralizzazione delle ossa, con conseguente rischio di fratture definite atipiche. Ulteriori ricerche stanno indagando i potenziali effetti anche a carico dell’apparato cardiovascolare e gastrointestinale. Pertanto, sebbene il rischio sia piuttosto basso, è importante per i medici sapere che esiste ed attuare le strategie più efficaci per evitarlo.
Questo è quanto emerge dal
convegno ARS “
La gestione del paziente osteoporotico: dai risultati dello studio AIFA-BEST alla pratica clinica”, che si è tenuto oggi a
Firenze all’auditorium di S. Apollonia. Prendendo spunto dallo
studio BEST, progetto finanziato dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) per valutare il profilo beneficio-rischio dei bifosfonati (una classe di farmaci per l’osteoporosi), il convegno è stato un importante momento di discussione sull’appropriatezza, l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti farmacologici per l’osteoporosi oltre che sulle problematiche di gestione clinica dei pazienti ad alto rischio di fratture. Scopo dell’evento era inoltre quello di fornire un quadro aggiornato sul profilo epidemiologico dell’osteoporosi in Italia e in Toscana e sulle possibili strategie di prevenzione per ridurre il costo sociale ed economico di questa malattia e delle sue complicanze.
L’osteoporosi, caratterizzata da una riduzione della densità minerale ossea (DMO) responsabile di una maggiore fragilità e quindi suscettibilità alle fratture, colpisce di più le donne e in generale gli anziani. E’ una
malattia molto diffusa: ne sono affetti il 23% delle donne ultra 40enni ed il 14% degli uomini ultra 60enni in Italia. Inoltre, il 50% delle donne ed il 12,5% degli uomini di età maggiore di 50 anni riporta almeno una frattura da fragilità nel corso della propria vita.
In Toscananel 2011, come è emerso anche nel convegno ARS, si sono registrati
quasi 14 mila ricoveri per fratture riconducibili verosimilmente
ad osteoporosi, con una stima approssimativa di incidenza pari a 4 su 1.000 residenti. Anche a livello italiano i dati sulle fratture da fragilità non sono confortanti: il 50% delle donne ed il 12,5% degli uomini di età maggiore di 50 anni riporta almeno una frattura da fragilità nel corso della propria vita. In meno di 10 anni (2000-2008), si sono verificate in Italia oltre mezzo milione di fratture femorali negli anziani, responsabili di circa 800 mila ricoveri e con costi diretti totali per il Sistema sanitario nazionale pari a circa 8,5 miliardi di euro. Nel quadro dell’invecchiamento generalizzato della popolazione si può inoltre stimare che
nel 2020 le
donne italiane affette da osteoporosi saranno
circa 4,7 milioni. Pertanto, l’orientamento – anche a livello internazionale - è quello di cercare di trattare in tempo l’osteoporosi per ridurre il rischio di frattura, piuttosto che dover poi curare e riabilitare le fratture stesse.
Ma quali sono le strategie più efficienti per identificare i pazienti a rischio di frattura e quali trattamenti risultano più efficaci? La densitometria ossea a doppia emissione di raggi X (DEXA) è attualmente la metodologia usata per la diagnosi ed il trattamento farmacologico preventivo dell’osteoporosi. Nel 2011 sono stati oltre 50 mila i cittadini toscani a sottoporsi a questa tecnica d’indagine che, tuttavia, non risulta adeguata come strumento di screening: è infatti uno strumento
d’indagine poco sensibile, con un basso rapporto costo-efficacia. Negli ultimi dieci anni si sono quindi moltiplicate le ricerche per identificare fattori diversi dalla DMO ma comunque in grado di predire il rischio di fratture, come la storia personale di fratture, la familiarità di frattura dell’anca, il fumo, l’uso di corticosteroidi, l’uso eccessivo di bevande alcoliche, una drastica riduzione del peso corporeo e la presenza di artrite reumatoide.
Riguardo i trattamenti da mettere in atto contro l’osteoporosi, ribadiamo le indicazioni emerse durante il convegno ARS, e cioè di sottoporre a terapia farmacologica solo i pazienti ad alto rischio frattura. Non hanno invece controindicazioni, e sono dunque da raccomandare a chiunque, i provvedimenti non farmacologici: cioè un adeguato apporto di calcio e vitamina D tramite la dieta o anche una moderata attività fisica. Occorre inoltre cercare di eliminare i fattori di rischio già citati:
fumo, uso eccessivo di alcolici, eccessiva riduzione di peso e abuso di corticosteroidi.
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convegnoPER INFORMAZIONI:Barbara Meoni – Comunicazione e informazione ARS Toscana
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barbara.meoni@ars.toscana.it