8/3/2024
Giunto alla sua quinta edizione, il
Rapporto ambiente SNPA 2023, a cura del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (SNPA), il sistema a rete che riunisce l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e le agenzie regionali e provinciali, fornisce una panoramica completa e dettagliata della
condizione del nostro ambiente, basata su dati oggettivi, attendibili e comparabili. Il monitoraggio accurato delle principali tendenze attraverso indicatori adeguati consente di valutare il progresso verso i vari obiettivi di qualità prefissati e di affrontare in modo efficace le sfide ambientali e climatiche.
Il sistema di
monitoraggio di SNPA prevede
19 indicatori ambientali e climatici e
4 aree tematiche:
- cambiamenti climatici (pressioni e azioni)
- ambiente e salute (inquinamento zero)
- economia circolare e gestione dei rifiuti
- biodiversità e capitale naturale.
Si riporta di seguito una descrizione di alcuni
indicatori di maggior interesse per le
ricadute dirette sulla salute della popolazione. Per una trattazione più approfondita si rimanda al Rapporto ambiente SNPA 2023.
Cambiamenti climatici
Nel
2021 le
emissioni di gas serra in Italia sono aumentate dell'8,5% rispetto al 2020, anno in cui si registrò una battuta d'arresto dovuta al periodo pandemico, e si attestano su un livello di poco inferiore a quello del 2019. Negli
ultimi trent’anni le
emissioni di gas serra prodotte dall’Italia
si sono ridotte, soprattutto a partire dal 2008, di circa un quinto rispetto al 1990 (-19,9%), passando da 521 a 418 milioni di tonnellate di CO
2 equivalente (1990-2021), principalmente grazie alla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili, all'efficienza energetica nei settori industriali e al passaggio a combustibili con minor contenuto di carbonio. Una riduzione che però
non è ancora sufficiente: le emissioni risultano superiori di 11 milioni di tonnellate rispetto all'obiettivo stabilito per il 2021.
Rispetto alla quota dei
consumi finali lordi di energia coperti da
fonti di energia rinnovabili (FER), ad eccezione di Liguria, Lazio e Sicilia, in tutte le regioni italiane tale percentuale è più elevata rispetto agli obiettivi previsti dal DM “burden sharing” (decreto 15 marzo 2012 del Ministero dello Sviluppo economico). In particolare, la percentuale più alta si osserva in Valle d’Aosta (105%), con 53 punti percentuali in più rispetto all’obiettivo. Seguono la Provincia di Bolzano (68%), la Basilicata (52%) e la Provincia autonoma di Trento (47%). In Toscana la percentuale si attesta su un valore intorno al 20%, di poco superiore all’obiettivo prefissato.
Al
2021 solo in
4 regioni è stata approvata una
Strategia regionale ai cambiamenti climatici: Emilia-Romagna, Lombardia, Sardegna e Valle d’Aosta. Un dato non confortante, anche alla luce del fatto che la Strategia Nazionale è, invece, approvata dal 2015. Sono 10 le regioni che dichiarano “percorso avviato verso una strategia”: Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Trento, Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Umbria e Veneto (dato invariato rispetto al 2018).
Ambiente e salute
Nel
2021 il
100% della popolazione italiana è stato esposto a
livelli di PM2.5 superiori al valore guida dell’OMS (5 µg/m
3); l’84% (residente nel 61% dei comuni) risulta esposto a livelli superiori all’interim target IT4 (10 µg/m
3); il 34% (residente nel 28% dei comuni) della popolazione è stato esposto a livelli superiori all’IT3 (15 µg/m
3). In quest’ultimo caso la popolazione esposta è concentrata principalmente nell’area padana, interessando Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna. In nessun comune si sono registrati livelli di esposizione superiore all’IT2 (25 µg/m
3). La media nazionale dell’esposizione a PM
2.5 è stata pari a 13 µg/m
3 (5 – 24 µg/m
3, range minimo-massimo).
Come per il
PM2.5 anche per il
PM10 continua nel 2022 la
tendenza alla lenta riduzione dei valori misurati, grazie soprattutto alla diminuzione congiunta delle emissioni di particolato primario e dei principali precursori del secondario, come ossidi di azoto, ossidi di zolfo, ammoniaca e composti organici volatili. Tuttavia, per quanto riguarda il
valore limite giornaliero, il
raggiungimento degli standard raccomandati dall'OMS è ancora molto
lontano, con oltre l'88% delle stazioni di monitoraggio che registra superamenti della soglia di 45 µg/m
3. Anche rispettare l'obiettivo previsto dalla normativa nazionale (non più di 35 superamenti della soglia di 50 µg/m
3 in un anno), sembra piuttosto difficile: nel 2022 tale indicatore non è stato rispettato nel 20% dei casi.
Consumo di suolo
Tra il 2006 e il 2022 il consumo di suolo in Italia ha registrato un
aumento di oltre 120mila ettari di suolo, di cui quasi il 40% concentrato soprattutto nel Nord del paese, con particolare rilevanza in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Solo nell'ultimo anno, il consumo di suolo netto in Italia ha raggiunto una media di oltre 21 ettari al giorno, un incremento che mette ulteriormente in discussione il raggiungimento dell'obiettivo di ridurre a zero il consumo di suolo, come stabilito dall'Ottavo Programma di azione ambientale. In 14 regioni il suolo consumato supera il 5% con i valori percentuali più elevati in Lombardia, Veneto e Campania che vanno oltre il 10% di superficie regionale consumata. Seguono Emilia-Romagna, Puglia, Lazio, Friuli Venezia Giulia e Liguria, con valori sopra la media nazionale e compresi tra il 7 e il 9%. La Valle d’Aosta è la regione con la percentuale più bassa (2,15%). In Toscana le percentuali più alte si concentrano nell’area tra le province di Prato, Pistoia e Lucca, e nell’area costiera meridionale.
Gestione dei rifiuti
Nel
2021 la
produzione nazionale di rifiuti urbani è stata di 29,6 milioni di tonnellate, con un
aumento del 2,3% rispetto al 2020. Dopo aver superato i 30 milioni di tonnellate per due anni consecutivi, si è registrata una diminuzione nel 2020 a causa della pandemia. Tuttavia, nel 2021 si è verificata un'inversione di tendenza, in linea con la ripresa economica post-pandemia. Il dato pro capite ha registrato un incremento del 2,8%, corrispondente a circa 502 kg/abitante. La Toscana con un valore di circa 600 kg/ab. si posiziona al terzo posto, dopo Emilia-Romagna e Valle d’Aosta, per la produzione pro-capite di rifiuti urbani.
Nel 2021 la
raccolta differenziata in Italia ha confermato il suo trend di crescita, aumentando di un punto percentuale rispetto al 2020 e raggiungendo così il 64% a livello nazionale. Questo incremento è stato osservato in tutte le macro-aree geografiche, con il Sud in aumento del 2,2%, il Centro del 1,2% e il Nord dello 0,2%, rispetto al 2020. Nel 2021, la più alta percentuale di raccolta differenziata si registra nella regione Veneto, con il 76,2%, seguita da Sardegna (74,9%) e Lombardia (73,0%). La Toscana si attesta su un valore simile alla media nazionale, pari a 64,1%.
Relativamente alla percentuale di
rifiuti urbani smaltiti in discarica, sono solo 5 le regioni italiane che si posizionano al di sotto dell’obiettivo 2035 (10%), e sono la Campania (2%), seguita da Lombardia e Friuli-Venezia Giulia (4%), Emilia-Romagna (7%) e Trentino-Alto Adige (9%). È importante, però, sottolineare la particolare situazione della regione Campania che, nel 2021, a causa della chiusura di due impianti, ha esportato fuori dal territorio regionale i propri rifiuti destinati alle discariche (circa 54 mila tonnellate). La Toscana è ancora lontana dall’obiettivo 2035, con un valore pari al 30% di rifiuti smaltiti in discarica, circa 13 punti in più della media nazionale.
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