Settimana europea per i test HIV e giornata mondiale AIDS 2021, l'ARS aggiorna i dati

In Toscana il sistema di sorveglianza di entrambe le patologie è affidato all’Agenzia regionale di sanità


26/11/2021
In Toscana, come in Italia, i nuovi dati (aggiornati al 31 agosto 2021) del sistema di sorveglianza HIV, gestito dall’Agenzia regionale di sanità (ARS), rilevano una tendenza alla diminuzione delle nuove notifiche, già in atto negli ultimi anni, ma più evidente negli ultimi 2 anni: dai 9,3 casi notificati ogni 100.000 residenti del 2016 siamo scesi a 4 casi ogni 100.000 nel 2020. Anche per i casi di AIDS, il cui andamento era già in costante lieve diminuzione da una decina di anni, vi è un decremento più marcato nell’ultimo anno (tasso di notifica: 1,9 per 100.000 nel 2019; 1,2 per 100.000 nel 2020). Nel panorama italiano la Toscana si colloca come ogni anno tra le regioni con incidenza (casi sui residenti) più alta, sia per HIV (3,1 per 100.000 vs 2,2) che per AIDS (0,8 per 100.000 vs 0,7). 

La pandemia globale di COVID-19 ha gravato fortemente sul Servizio sanitario nazionale, provocando spesso delle discontinuità dell’attività dei servizi medici di routine. In Italia, al momento, non ci sono dati sull’effetto della pandemia sull’andamento delle nuove diagnosi di infezioni da HIV. Per stimare l’effetto della pandemia, l'Istituto superiore di sanità (Dorrucci M., Pugliese L., Regine V., Suligoi B., Impatto della pandemia di COVID-19 sulle nuove diagnosi di HIV in Italia. Approfondimenti in: https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_5705_0_file.pdf) ha analizzato le nuove diagnosi HIV segnalate nel 2020 al sistema di sorveglianza nazionale, confrontandole con i dati degli ultimi tre anni, 2017-2019. Durante l’anno della pandemia di COVID-19 vi e stato un calo delle nuove diagnosi HIV di circa il 56% rispetto ai tre anni precedenti. Tale diminuzione è risultata più elevata nei giovani, nel Nord Italia e minore al Centro. I late presenters hanno mostrato un decremento meno rilevante rispetto al resto delle diagnosi. La riduzione delle nuove diagnosi nel 2020 sembra essere stata più elevata durante il primo lockdown. L’evidente diminuzione di nuove diagnosi nelle Regioni del Nord, che sono state colpite più duramente dalla pandemia di COVID-19, e la riduzione delle diagnosi tra le persone che non avevano un sistema immunitario compromesso (CD4 > 350) e che quindi presumibilmente avevano minore urgenza di eseguire il test, possono suggerire che almeno una parte del calo di nuove diagnosi, sia riferibile alle conseguenze della pandemia di COVID-19. Tuttavia, è difficile su questa base stabilire se a questa diminuzione corrisponda una reale diminuzione dell’incidenza delle infezioni o se ci si debba attendere un ritardo nella diagnosi che eventualmente emergerà nei prossimi mesi. Il ridotto numero di casi nel 2020 potrebbe essere ascrivibile a più fattori, quali: la ridotta disponibilità dei servizi sanitari, la diminuita presentazione delle persone agli stessi con conseguente ritardo di diagnosi, il ritardo di notifica e la reale diminuzione dell’incidenza di infezione.

Come ogni anno si evidenzia che la quasi totalità dei casi (89,1%) è da attribuire a rapporti sessuali non protetti: i rapporti eterosessuali rappresentano la modalità di trasmissione nettamente più frequente per le donne (90,0% nell’ultimo triennio). Nei maschi il contagio è nel 30,3% eterosessuale e nel 58,5% dei casi omosessuale. La proporzione di casi attribuibili a trasmissione tra MSM è gradualmente aumentata negli anni dal 49,2% nel 2009-2011 al 58,5% nel 2018-2020. I più colpiti sono i 30-39 enni, seguiti dai giovani di età compresa tra 20 e 29 anni e dagli adulti di età compresa tra 40 e 49 anni. Una quota sempre maggiore di pazienti si presenta tardi alla prima diagnosi di sieropositività, cioè in una fase già avanzata di malattia con un quadro immunologico compromesso e spesso già in AIDS. Questo comportamento è collegato con la bassa o moderata percezione del rischio di HIV nella popolazione che effettua il test solo quando vi è il sospetto di una patologia HIV correlata o una sospetta MTS o un quadro clinico di infezione acuta e solo il 34% lo effettua spontaneamente per percezione di rischio. I pazienti che si presentano tardi alla diagnosi sono più frequentemente eterosessuali maschi, stranieri e di età più avanzata. Si sta osservando comunque negli anni un trend in aumento di diagnosi tardive anche tra gli MSM.

La diagnosi precoce dell’infezione da HIV presenta dei benefici sia per il singolo individuo, in quanto permette il tempestivo inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (cART) con riduzione della mortalità e morbilità correlata con HIV e conseguente allungamento dell’aspettativa di vita dei soggetti HIV positivi, sia per la salute pubblica, perché la conoscenza del proprio stato di positività comporta l’assunzione di comportamenti sessuali consapevoli. Con l’abbattimento della carica virale a seguito dell’inizio della cART si riduce, inoltre, la trasmissibilità dell’infezione.

La diagnosi tardiva suggerisce problemi persistenti con l'accesso e la diffusione del test. Per ridurre l'alta percentuale di persone con diagnosi tardiva, è essenziale dare priorità a una serie di interventi di sanità pubblica finalizzati ad aumentare la consapevolezza sul grado di diffusione dell’infezione e sulle modalità di trasmissione e prevenzione e facilitare all’accesso ai test con iniziative per effettuare il test HIV in sedi extraospedaliere ed informali, quali check-point, laboratori mobili, test in piazza, test rapidi, soprattutto in questo periodo dato che le restrizioni imposte dalla pandemia da Covid potrebbero aver impedito o scoraggiato molte persone a recarsi presso le strutture sanitarie per effettuare un test. Iniziative gratuite di test in tante città italiane, tra le quali Firenze, sono previste dal 22 al 29 novembre in occasione della Settimana europea per i test HIV ed epatiti virali.


Sorveglianza HIV/AIDS: verso la costruzione di un'unica piattaforma nazionale

Si segnala lo “Studio di fattibilità per la sorveglianza HIV/AIDS verso la costruzione di un'unica piattaforma nazionale”, riportato nell’ultima Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l’infezione da HIV, studio al quale ha partecipato anche la Toscana.

In Italia sono presenti due sistemi di sorveglianza, che raccolgono dati sull’infezione da HIV e di AIDS: la sorveglianza HIV, istituita con decreto nel 2008, raccoglie informazioni al momento della prima diagnosi di infezione da HIV; il Registro nazionale AIDS, che raccoglie informazioni al momento della diagnosi di AIDS. I due sistemi hanno schede e flussi di segnalazione diversi fra loro (informatizzato il primo e cartaceo il secondo) e coincidono nella raccolta di alcune informazioni. L’ECDC ha raccomandato a tutti i paesi europei l’utilizzo di un unico sistema di rilevazione per le infezioni da HIV e i casi di AIDS. Diversi paesi europei hanno già aderito a tale raccomandazione. In Italia nella stessa direzione si collocano gli interventi proposti nel PNAIDS per la sorveglianza HIV/AIDS.

Per migliorare la conoscenza dell’epidemiologia dell’infezione da HIV ed impostare piani di diagnosi, assistenza, cura e prevenzione più adeguati si rende necessario uniformare i due sistemi attualmente esistenti, in tale ambito si colloca il progetto “Studio di fattibilità per la sorveglianza HIV/AIDS verso la costruzione di un'unica piattaforma nazionale”. L’obiettivo generale del progetto è valutare la fattibilità di una piattaforma unica nazionale informatizzata per la sorveglianza HIV/AIDS, attraverso la definizione di una scheda unica di segnalazione e un nuovo flusso di dati, garantendo la sicurezza delle informazioni e la protezione dei dati personali.



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