Il rischio cardiovascolare in Toscana

Nella popolazione toscana, le malattie cerebrovascolari e cardiovascolari rappresentano ancora la prima causa di morte.
Il rischio cardiovascolare indica la probabilità di subire un evento cardio- o cerebrovascolare fatale entro 10 anni e il suo controllo costituisce una delle principali sfide della sanità pubblica. Il monitoraggio dei livelli di rischio cardiovascolare nella popolazione è fondamentale per la programmazione e la valutazione dell’impatto dei servizi sanitari.
Il controllo dei livelli di colesterolo LDL (C-LDL) è considerato, quindi, uno degli obiettivi terapeutici prioritari nella gestione del paziente a rischio cardiovascolare. Le linee guide della European Society of Cardiology (ESC) aggiornate al 2019 confermano un approccio al paziente basato sulla stratificazione in classi di rischio cardiovascolare; a scopo preventivo, viene poi associato a ciascuna classe di rischio cardiovascolare viene uno specifico target C-LDL raccomandato. Utilizzando dati sanitari correnti e i risultati di esami di laboratorio, è possibile stimare il livello di rischio cardiovascolare secondo i criteri definiti e valutare la percentuale di assistiti che raggiungono il target per i livelli di C-LDL.
Il 59% degli assistiti risulta a basso rischio cardiovascolare, il 33,2% a rischio moderato e il 7,8% a rischio alto, molto alto o estremo. Il fattore di rischio più frequente che determina un rischio alto è il diabete, mentre per il rischio molto alto sono i precedenti eventi cardio-cerebrovascolari. La percentuale di assistiti a rischio almeno alto cresce con l’età ed è sempre più elevata tra gli uomini rispetto alle donne: il 20% degli uomini e il 16% delle donne tra i 60 e i 79 anni, così come il 36% degli uomini e il 35% delle donne ultraottantenni, sono a rischio almeno alto. Le percentuali più elevate di assistiti a rischio almeno alto si riscontrano nelle zone meridionali e nella valle del Serchio, mentre le più basse si trovano nelle zone orientali e nel Pratese. Negli ultimi cinque anni, la percentuale di assistiti a rischio almeno alto è rimasta pressoché costante, mentre è leggermente aumentata la quota di assistiti a rischio moderato a discapito di quelli a basso rischio.
La percentuale di assistiti in terapia con almeno un farmaco ipocolesterolemizzante è progressivamente aumentata nell’ultimo quinquennio. Nel 2023, si passa da un assistito su cinque tra quelli a rischio moderato a quattro su cinque tra quelli a rischio estremo. Le statine sono il farmaco più utilizzato, seguite, in ordine di frequenza, dalle statine combinate con Ezetemibe, dall’Ezetemibe in monoterapia e, infine, dagli inibitori di PCSK9.
Per valutare la percentuale di assistiti che raggiungono il target per i livelli di C-LDL, la popolazione è stata stratificata considerando il colesterolo non come fattore di rischio, ma come obiettivo terapeutico di riferimento.
La distribuzione della popolazione per livello di rischio risulta simile a quella sopra descritta: il 59,2% è a basso rischio (target C-LDL 116 mg/dl), il 33,4% a rischio moderato (target C-LDL 100 mg/dl), il 6% a rischio alto (target C-LDL 70 mg/dl) e l’1% a rischio molto alto o estremo (target C-LDL 55 e 40 mg/dl, rispettivamente). La percentuale di assistiti con almeno una determinazione del C-LDL (in un laboratorio pubblico o privato convenzionato) aumenta con il livello di rischio: si passa da circa il 10% tra gli assistiti a basso rischio, al 60% tra quelli a rischio moderato, fino all’80% tra quelli a rischio almeno alto. Queste percentuali sono progressivamente aumentate negli ultimi cinque anni.
Tra gli assistiti con almeno una valutazione del C-LDL, la percentuale di coloro che non raggiungono il target cresce all’aumentare del livello di rischio: un assistito su due a basso rischio, due su tre a rischio moderato e quattro su cinque a rischio almeno alto presentano valori di C-LDL sopra soglia. Tuttavia, negli ultimi cinque anni, queste percentuali sono progressivamente diminuite in tutte le classi di rischio, ad eccezione del basso rischio.
Tra gli assistiti che raggiungono il target, la percentuale di coloro in terapia con almeno un farmaco ipocolesterolemizzante aumenta all’aumentare della categoria di rischio: dal 61% tra gli assistiti a rischio moderato a oltre il 90% tra quelli a rischio estremo. Anche tra gli assistiti che non raggiungono il target, la percentuale di coloro in terapia con almeno un farmaco cresce con il livello di rischio, sebbene su valori più bassi: dal 17% nella categoria a rischio moderato, al 38% in quella a rischio alto, al 52% in quella a rischio molto alto, fino a quasi il 90% nella categoria a rischio estremo.
La presa in carico è la parola chiave che ci consentirà di migliorare questi numeri. Sarebbe opportuno, con eventuali aggiornamenti al nuovo contesto, avviare il progetto della “Nuova Sanità d’Iniziativa”, approvato nel 2016 ma mai decollato, che prevedeva tra i target l’alto rischuo cardiovascolare e creare una “Rete delle dislipidemie”, che metta insieme i medici che si occupano di questa problematica; identifichi i centri hub e di secondo livello a livello di tutti gli ospedali; metta in rete questi centri con i medici di medicina generale; si occupi di formazione ed aggiornamenti dei partecipanti.
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