ARS NEWS – 05/03/2013
L’esposizione cronica a
basse concentrazioni di acido solfidrico (H
2S)
non è associata a
incrementi di rischio per asma e sintomi respiratori simili all’asma. È quanto emerge dai risultati dello studio condotto dai ricercatori dell’Università della California a Rotorua, in Nuova Zelanda, e pubblicati su
Environmental Research con l'articolo
"Associations of ambient hydrogen sulfide exposure with self-reported asthma and asthma symptoms", di cui è disponibile on line l'abstract dal 1 marzo 2013.
Già nel
seminario su geotermia e salute, organizzato a Firenze nell’ottobre 2012 dall’ARS Toscana per confrontare l’esperienza neozelandese e quella toscana, il prof. Michael Bates (epidemiologo dell'Università della California) aveva anticipato alcuni risultati rassicuranti sugli effetti non allarmanti dell’esposizione ad acido solfidrico. La popolazione di Rotorua, isola vulcanica, è la popolazione più ampia al mondo (60 mila persone) che vive in aree con emissioni geotermiche naturali, in particolare H
2S. La nuova campagna di misurazioni effettuata dal gruppo di ricerca del prof. Bates mostra
valori di concentrazione di H2S (sia in ambienti di vita che di lavoro) che si attestano nel
range 0-64 ppb (0-91.4 µg/m3).
I 1.637 soggetti partecipanti allo studio neozelandese, di età 18-65 anni, hanno compilato un questionario sulla salute respiratoria (in particolare diagnosi di asma e altri sintomi respiratori), sulla storia residenziale e lavorativa, sull'abitudine al fumo di tabacco e sulle caratteristiche sociali e demografiche (etnia, titolo di studio, reddito). I risultati non mostrano aumenti di rischio di asma all’aumentare dell’esposizione ad acido solfidrico. Al contrario suggeriscono una
diminuzione della prevalenza di asma e sintomi asma-correlati nei soggetti esposti a concentrazioni più alte di H
2S. Anche se questi risultati sono coerenti con quelli di recenti studi sperimentali su animali, che hanno mostrato un effetto protettivo dell’acido solfidrico per asma, gli autori sottolineano la necessità di confermare i risultati neozelandesi con studi condotti su altre popolazioni esposte cronicamente a H
2S. Del resto gli stessi autori non escludono la presenza di possibili fattori di distorsione (
bias) dell'interpretazione dei risultati, come ad esempio un
survivor effect, ossia il fatto che persone sofferenti di asma potrebbero essersi spostate dalle zone più esposte a H
2S.
Come riferito da Bates durante il convegno dell’ARS a Firenze nello scorso ottobre, lo studio neozelandese include
varie linee di ricerca sugli effetti dell’esposizione a basse concentrazioni di H2S. Oltre all’asma e a sintomi asma-correlati, i ricercatori americani hanno preso in considerazione altri esiti sanitari, che saranno oggetto di future pubblicazioni, come gli effetti sulle funzioni cerebrali più complesse (memoria, stato dell'umore e capacità intellettive) e su altri organi come polmoni e occhi.
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