L’infodemia “coronavirale”

a cura di: G. Galletti


5/2/2020
“Nella nostra era di fake news e disinformazione, è più che mai necessario che l’OMS offra scienza ed evidenza per supportare le decisioni che prendiamo sulla salute”. [In originale:  In our era of fake news & misinformation, more than ever the needs a WHO that brings reliable science & evidence to bear on the decisions we make about health]. 

L’affermazione del Direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus appare in un tweet, sullo stesso profilo @WHO [https://twitter.com/WHO], durante lo svolgimento della quattordicesima sessione dell’Executive Board. Era il 2 febbraio, lunedì scorso.

Il Dr. Tedros fa verosimilmente riferimento ad un documento pubblicato dall’OMS lo stesso giorno, il Situation Report numero 13 sul Novel Coronavirus 2019-nCoV, che contiene un Technical Focus sui rischi comunicativi e il coinvolgimento delle comunità. È su questo documento che viene rilanciato quel concetto di “infodemic”, che sarebbe comparso in poche ore sulle pagine di diverse testate giornalistiche online [si segnala in particolare: www.ilsole24ore.com/art/corona-virus-l-oms-ora-e-allarme-infodemia-ACcWnTGB] e che nel rapporto OMS viene definito come “una sovrabbondanza di informazioni – alcune accurate altre no – che rende difficile alle persone trovare fonti attendibili e indicazioni affidabili quando ne hanno bisogno”.

Data la domanda di informazioni sempre più pressante da parte della popolazione a livello mondiale, l’OMS ha ritenuto prioritario impegnarsi a scongiurare il rischio di un’errata comunicazione circa un fenomeno tecnico e complesso, tale da incentivare comportamenti di salute – ma anche sociali – inappropriati o addirittura dannosi.  Così, ora, nei dipartimenti ginevrini, gli esperti di rischio comunicativo e di media sono al lavoro 24 ore su 24 per tracciare i “miti e le dicerie”, le falsità su cure e misure preventive, diffuse sul coronavirus attraverso il web. Le informazioni basate sull’evidenza sono invece “restituite” (ci si riduce quasi a dover parlare di “controinformazione evidence based”…) attraverso le piattaforme social dell'OMS.

Il problema tuttavia non riguarda solo le fake news in sé, ma anche la sovrabbondanza di fonti informative. Queste creano confusione nelle persone che, allarmate dalle campagne sul coronavirus, cercano risposte chiare e semplici su come tutelarsi dal rischio nelle situazioni quotidiane. In tale contesto, lo sforzo comunicativo delle istituzioni sanitarie non si è pertanto limitato alla sola affidabilità dei messaggi, ma ha prodotto utili infografiche che, soprattutto attraverso i social, mirano a supportare efficacemente il bisogno informativo delle popolazioni.

Tra i riferimenti principali sul coronavirus e come affrontarlo segnaliamo la sezione dedicata sul sito dell’OMS, da cui si accede a specifiche infografiche nella sezione Novel Coronavirus (2019-nCoV) advice for the public nella sezione Protect yourself and others from getting sick. Il materiale è disponibile solo in inglese, francese, spagnolo e, presumibilmente - a giudicare dai caratteri e dagli ideogrammi - in arabo, cinese e russo. L'ARS, che già dedica al coronavirus una sezione del sito, ha predisposto una versione in italiano delle principali infografiche relative alle buone pratiche per prevenire le infezioni, in collaborazione con il Centro regionale Gestione rischio clinico (GRC) e la stessa Regione Toscana.
buone pratiche prevenzione infezioni - infografica
Altre infografiche in italiano specifiche sul coronavirus si possono recuperare sul sito dell’Istituto superiore di sanità (ISS) nella sezione Coronavirus - Infografiche e materiali divulgativi.

Se gli sforzi comunicativi delle istituzioni sanitarie sul coronavirus risultano al momento decisamente apprezzabili, vale però fare uno sforzo per disegnare il contesto in cui l’informazione si diffonde, interagisce, ispira o allarma.

“Potremmo chiederci che cosa questa faccenda del contagio da coronavirus ci sta insegnando, e soprattutto che cosa ci sta ricordando su noi stessi, sulla nostra condizione nel mondo e sul nostro modo di percepire quanto ci accade intorno” scrive l’esperta in comunicazione e creatività Annamaria Testa, sul suo blog Nuovo e utile, in un post che offre del fenomeno comunicativo associato al coronavirus un’importante chiave di lettura, in sette punti. L’infodemia è qui citata al punto 4, intitolato “notizie false e contagiose”, mentre lo scenario interpretativo è più ampio, e comprende:

  1. l’effetto farfalla, che sottolinea gli aspetti legati al mondo interconnesso e all’economia globale;
  2. il contagiarsi, tra individui sempre più collegati e sempre più somiglianti, che condividono medesimi destini;
  3. gli altri contagi, tante volte portati storicamente nelle sue conquiste dall’Europa, dove peraltro, grazie al progresso della medicina e in particolare attraverso i vaccini, si è arrivati al paradosso che “quanto più le malattie contagiose vengono contrastate dai vaccini (o addirittura azzerate, com’è successo con il vaiolo), tanto più diminuisce la percezione del rischio, tanto meno le persone sono propense a vaccinarsi”;
  4. il già citato (e trattato) notizie false e contagiose;
  5. il lavarsi le mani, sempre, enfatizzando il gesto più importante e spesso trascurato che sta alla base della prevenzione delle malattie;
  6. il cavalcare le paure, per trarne vantaggi personali;
  7. l’atteggiamento razionale, unico baluardo ad emergenze e crisi che non conoscono confini, e che pertanto richiede collaborazione e cooperazione tra Stati e popoli.
Sette punti per una chiave di lettura che ognuno di noi può adottare nel leggere, commentare e condividere tutte quelle informazioni che, sospinte dai media, ci mettono di fronte ad un “problema infodemico” di sanità pubblica su cui, bene o male, potremmo trovarci a misurare il progresso delle società. Ma che, in ultima istanza, ci pongono, più o meno razionalmente, di fronte a noi stessi.


Giacomo Galletti, 
ARS Toscana





Per approfondire

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