Secondo le stime più aggiornate dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ci sono al momento
circa 1 miliardo di migranti oggi nel mondo di cui 214 milioni di migranti, che lasciano cioè il proprio paese d'origine e 740 milioni di migranti interni ai singoli stati. I
bisogni di salute collettivi e le
implicazioni di queste "popolazioni in movimento" sono notevoli.
Nel parlare di
flussi migratori si considera un'ampia gamma di categorie anche molto diverse tra loro come i lavoratori, gli studenti, ma anche i richiedenti e titolari la protezione internazionale o migranti senza documenti, solo per citarne alcuni, e ognuno di loro si presenta con differenti bisogni, un diverso profilo di salute e differenti livelli di vulnerabilità.
In un
mondo globalizzato, attraversato da crisi economiche e politiche e caratterizzato da forti disparità socio-economiche molto estese, da differenze di conoscenze e competenze, da
profondi squilibri demografici e dalle conseguenze spesso drammatiche dovute al
cambiamento climatico, la
migrazione sembra essere la
risposta comune a tutti questi diversi elementi/scenari. Facile capire quindi come la
salute dei migranti e le questioni ad essa connesse con la migrazione siano
cruciali sfide di sanità pubblica per i governi e per le società.
I
migranti sono quasi sempre relativamente sani, ma è altrettanto vero che sono
particolarmente esposti ad una serie di minacce per la loro salute fisica e mentale. Troppo spesso, i loro
bisogni di salute sono
poco conosciuti dagli operatori sanitari, i quali evidenziano frequentemente delle
difficolta di comunicazione con i migranti, rendendo manifesta l'
inadeguatezza dei sistemi sanitari nell'affrontare in maniera efficace le problematiche che essi pongono. Una delle principali ragioni per questa mancanza di comprensione è la
scarsità di dati a disposizione: quanti migranti ci sono in un dato paese? Quali i loro
determinanti di salute? Quali
patologie li affliggono? Quale è il
livello di accessibilità ai servizi sanitari? Questi dati ad oggi non sono disponibili nella maggior parte dei paesi europei.
Quello che abbiamo imparato ad oggi dalla ricerca sulla
salute della popolazione dei migranti è che questa
dipende da una molteplicità di fattori, in cui il ruolo dell'
identità etnica e culturale nonché delle
caratteristiche genetiche incidono sui bisogni di salute. Inoltre queste caratteristiche sembrano mutare o giocare un ruolo diverso anche in relazione alla durata della permanenza nel paese che li accoglie. Proprio per questo è molto rischioso provare ad operare generalizzazioni circa il livello di salute di tutti i migranti. Quello che sembrerebbe abbastanza assodato è che
i migranti sono più vulnerabili rispetto le
malattie trasmissibili, alle
malattie professionali e a
malattie derivanti da una più compromessa salute mentale. Queste sono in parte derivanti dai
modelli di malattia prevalenti nei loro paesi di origine, dalle
cattive condizioni di vita, dal
lavoro precario e non sicuro e dai
traumi che spesso subiscono durante il percorso migratorio. I migranti infine sono esposti a un
più alto rischio per quanto riguarda la
salute materna e i problemi connessi con la
salute del bambino, con
differenze nei risultati perinatali, in relazione anche ad un
diverso utilizzo dei servizi di cure prenatali, più basso tra le donne migranti.
Con questa pubblicazione della
collana dei Documenti ARS, l'Agenzia Regionale di Sanità della Toscana e il Centro di salute Globale della Regione Toscana tornano a fare
il punto, a 5 anni dalla pubblicazione del primo report, sulla
salute della popolazione dei migranti della nostra regione e sui
modelli di presa in carico che il sistema toscano ha messo in campo
dal punto di vista non solo sanitario ma anche sociale per rispondere ai loro bisogni. Dopo 5 anni, quindi, si tenta di verificare se il profilo descritto precedentemente e che è caratteristico della popolazione migrante in molti paesi europei è lo stesso o se si differenzia anche grazie alla
capacità di risposta della Regione Toscana.
Con questo report ci riproponiamo di
aggiornare, d'ora in avanti e più frequentemente, indicatori di salute della popolazione straniera residente (e non) e di
mettere a disposizione i dati attraverso i
portali di salute che sono già presenti all'interno dei 2 siti istituzionali, perché
attraverso la conoscenza si riesca a pianificare la risposta più adeguata e immediata a quello che sembra essere ormai uno dei fenomeni più endemici della nostra storia contemporanea.