ARS NEWS – 22/09/2014
Controllo dell'ipertensione, astensione dal fumo e monitoraggio cardiovascolare sono in grado di ridurre la probabilità di comparsa della demenza, la cui forma più comune è l’Alzheimer con circa il 54% della casistica. La sfera psicologica, psicosociale, gli stili di vita e le condizioni cardiovascolari, ambiti sui quali è possibile intervenire per ridurre il rischio di incidenza della malattia, sono stati posti al centro della Giornata mondiale contro l’Alzheimer del 21 settembre 2014, attribuendole il titolo “
Demenza: possiamo ridurre il rischio?” e dedicandola così, per la sua XXI ricorrenza, al fondamentale tema della prevenzione.
L’AlzheimerL’Alzheimer è una
malattia neurodegenerativa che colpisce solitamente dopo i 65 anni, presentandosi inizialmente con lievi problemi di memoria, ma caratterizzata da una progressiva compromissione dei tessuti cerebrali che portano la persona a manifestare disturbi del comportamento gravi e a perdere la propria autonomia nello svolgimento delle normali attività quotidiane.
L’Alzheimer’s Disease International (
ADI) stima che alla fine del 2013 circa
44 milioni di persone soffrissero di demenza nel mondo (7,7 milioni di nuovi casi ogni anno), numero destinato a crescere anche in virtù del progressivo invecchiamento della popolazione, fino a raggiungere i 135 milioni nel 2050 secondo le previsioni demografiche.
La malattia non investe solo il paziente, ma anche la famiglia e la rete sociale dello stesso, che devono farsi carico di un
bisogno assistenziale che richiede specifiche competenze sanitarie e sociali. L’impatto economico della malattia include costi informali (assistenza familiare) e costi diretti legati all’assistenza sociale o sanitaria, variando da paese a paese a seconda del livello di sviluppo. Il rapporto tra costi informali e diretti infatti dipende dal livello di sviluppo dei sistemi di assistenza di lungo periodo e del welfare nazionale.
L’approccio di cura migliore è quello integrato,
sociale e sanitario, vista la complessità assistenziale di una condizione di totale perdita d’autonomia.
La situazione in ToscanaI malati di demenza tra gli anziani toscani sono circa 88mila, pari al
10% della popolazione over 65 (stima al 1 gennaio 2013). Il 67% sono donne ed il 90% risiede a domicilio. L’assistenza domiciliare è resa più complicata dal fatto che circa un caso su due si trova in una condizione di moderata/grave non autosufficienza, misurata in base alle capacità di svolgere le normali attività di base della vita quotidiana (lavarsi, vestirsi, mangiare ecc.). Si stimano circa 11mila nuovi casi all’anno, di cui 6mila affetti da Alzheimer.
Nel 2011 la Regione Toscana ha pubblicato le
Linee guida (LG) per la diagnosi e trattamento della demenza, dove sono riportate le principali evidenze scientifiche nell’individuazione della malattia, nella terapia farmacologica e non farmacologica. Nelle LG è previsto che sia il
medico di famiglia, sulla base di informazioni date dai familiari e valutazioni psicometriche, ad effettuare la prima diagnosi, valutando problemi di memoria, alterazioni cognitive (afasia, aprassia, agnosia, disturbo delle funzioni esecutive) e limitazioni funzionali. Per la conferma della diagnosi è previsto il consulto con uno specialista, così come per la definizione della terapia. Fatta eccezione per rare forme potenzialmente reversibili, al momento non esistono terapie capaci di guarire l’anziano. Obiettivo dei trattamenti è quindi quello di rallentare la progressione della malattia e limitarne i sintomi.
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