Pubblicati sulla rivista BMJ Open i risultati di uno
studio condotto da un team di ricerca islandese sugli
effetti dell’
esposizione ad acido solfidrico ed ad altri inquinanti dell’aria nella città di Reykjavik. Le principali fonti di esposizione sono il traffico e due centrali geotermoelettriche, poste a 26 e a 33 km ad est del centro della capitale islandese.
La ricerca islandese: popolazione studiata e dati ambientaliLa popolazione in studio è costituita da circa 180 mila persone che vivono nell’area di Reykjavik: sono stati considerati i decessi per cause naturali e per malattie cardiovascolari occorsi nel periodo 2003-2009. I dati di esposizione ambientale relativi a PM
10, NO
2, O
3, SO
2 e H
2S provengono da una sola centralina, collocata in corrispondenza di uno degli incroci più trafficati della città. Per l’H
2S i dati del monitoraggio mostrano valori piuttosto bassi: livelli medi di 3 µg/m
3, un range di variabilità di 0-92 µg/m
3 e la gran parte delle misurazioni (il 95%) è sotto i 13 µg/m
3. Anche i valori degli altri inquinanti sono ben al di sotto dei limiti previsti dalla normativa europea.
Risultati, vantaggi e limiti della ricerca islandeseLo studio è stato condotto secondo il metodo cosiddetto
case-crossover, che consente di analizzare gli effetti a breve termine dell’esposizione ai fattori di rischio. Le analisi hanno mostrato un’associazione significativa tra gli incrementi giornalieri di H
2S e il rischio di mortalità acuta per cause naturali: soprattutto nella stagione estiva, nei maschi e nei più anziani. Al contrario, diversamente da quanto emerge dalle evidenze di letteratura, gli inquinanti più tipicamente associati al traffico (NO
2 e PM
10) non mostrano alcuna associazione con il rischio di mortalità.
Sono gli stessi autori a sottolineare i
vantaggi e i
limiti della ricerca. Tra i punti a favore la buona qualità e completezza del registro di mortalità islandese, così come il disegno di studio applicato, che consente di tener conto anche di altri fattori di rischio individuali (abitudine al fumo, dieta, condizioni socio-economiche). Tra i limiti: l’utilizzo di una sola centralina di monitoraggio, che potrebbe essere poco rappresentativa dell’esposizione individuale degli abitanti, la scarsa numerosità della popolazione e di conseguenza i pochi problemi sanitari giornalieri, il che comporta una bassa potenza dell’analisi statistica.
Lo studio islandese, così come lo
studio neozelandese di Bates e collaboratori, presentano vari spunti di interesse per l’ARS e più in generale per la ricerca toscana su
Geotermia e salute. I dati ambientali relativi ad H2S nella città di Reykjavik sono peraltro molto simili a quelli rilevati nelle aree geotermiche toscane. Gli studi basati su registri di malattie o sui database sanitari amministrativi - come quelli condotti fino ad oggi in Toscana, in Islanda ed a Rotorua fino al 2002 - mostrano in generale incrementi di rischio per la salute nelle aree geotermiche. Nel caso invece di studi epidemiologici condotti con metodi più complessi su campioni di popolazione - basati su dati sanitari rilevati con test diagnostici, visite mediche e questionari, come nello
studio più recente di Bates a Rotorua - non solo non si evidenziano effetti negativi dell’acido solfidrico sulla salute, in particolare dell’apparato respiratorio, delle funzioni neurologiche e cognitive, ma emergono anche effetti protettivi sulla salute respiratoria.