ARS NEWS - 14/09/2012
Fabio Voller, dirigente dell’ARS Toscana, traccia un quadro completo del fenomeno nell’intervista del 13 settembre alla radio locale fiorentina. Consumo tradizionale e consumo giovanile: cos’è cambiato In Toscana, come in Italia, convivono ormai due modi diversi di consumare alcol. Da una parte, c’è il
consumo tradizionale o mediterraneo, tipico dei 50-60enni, che è ben integrato nelle pratiche alimentari: ovvero il vino bevuto, talvolta anche in grandi quantità, ma comunque solo ai pasti nell’intero arco della settimana. Dall’altra parte, abbiamo purtroppo da diversi anni “importato” dai paesi nordici un
consumo diverso, tipico dei giovani: cioè grandi quantità di alcol (aperitivi, spumanti, superalcolici) consumate in poche occasioni (soprattutto durante il fine settimana). Si tratta del cosiddetto binge drinking, ovvero 5 o più unità di alcolici consumate in un’unica occasione (come un’uscita serale con gli amici).
Le conseguenze delle due tipologie di consumo sono chiaramente diverse. Nel caso di un consumo tradizionale o mediterraneo si possono verificare conseguenze croniche, soprattutto in casi di consumo elevato, come l’aumentare in età avanzata dell’incidenza di alcune tipologie di tumori (fegato, cavo orale). Nel caso invece del consumo giovanile o nordico le conseguenze sono soprattutto acute: la più grave è quella degli incidenti stradali, problema che ormai tocca da vicino anche il nostro Paese, ma anche risse, suicidi, omicidi (soprattutto in altri Paesi).
Come affrontare il problema alcol: politiche di prevenzione tra i giovaniDa una parte dobbiamo sperare che i ragazzi, com’è successo ai quarantenni di adesso (che vent’anni fa avevano già cominciato a bere “alla nordica”, soprattutto birra, nei weekend con gli amici) tornino nel corso della vita a bere in modo tradizionale. Questo succede di solito nel momento in cui la vita si “istituzionalizza”: quando si ottiene un lavoro stabile, si mette su famiglia, si hanno dei figli.
Dall’altra parte è però necessario implementare politiche di prevenzione e di dissuasione basandoci su misure efficaci. La prima prevenzione deve essere fatta nelle
scuole, dove però è accertato che non si deve più parlare solo di alcol ma piuttosto di comportamenti a rischio in generale (alcol, tabacco, sostanze) e di stili di vita corretti (attività fisica, alimentazione). E’ stato inoltre verificato che non servono gli interventi didattici e gerarchici (insegnante-classe) e sono invece molto più efficaci interventi di
formazione dei ragazzi stessi che, a cascata, riportano quanto hanno appreso ai compagni (la cosiddetta peer education). Questi interventi aumentano sicuramente nei ragazzi la consapevolezza del rischio, ma non sappiamo se diminuiscono realmente gli effetti del rischio perché la dimensione del rischio è comunque tipica della fascia giovanile.
Politiche di dissuasione e contenimento efficaci Una misura che ha funzionato in tutti i paesi in cui è stata attuata è quella dell’
aumento dei prezzi degli alcolici. L’aumento dei prezzi ha di norma un buon effetto di dissuasione sulla popolazione in generale, ma non chiaramente su chi ha sviluppato una vera e propria dipendenza. In quest’ultimo caso è necessario continuare a lavorare bene con il sistema di strutture e centri pubblici, per aiutare la persona alla dissuefazione.
In questo senso è un peccato che il provvedimento di aumentare la tassazione sulle bevande alcoliche, che il decreto Balduzzi aveva previsto, non sia poi alla fine stato approvato: questo grazie soprattutto alle lobby dei produttori di alcolici che hanno osteggiato in tutti i modi possibili questa misura, che andava chiaramente a ledere i loro interessi economici.
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I toscani e l'alcol