In occasione della giornata mondiale contro l'AIDS 2020, l’ARS aggiorna i dati su HIV e AIDS

In Toscana il sistema di sorveglianza di entrambe le patologie è affidato all’Agenzia regionale di sanità


30/11/2020
In Toscana i nuovi dati del Sistema di sorveglianza HIV rilevano una tendenza alla diminuzione delle nuove notifiche, già in atto negli ultimi anni, ma più evidente nell’ultimo anno: dai 344 casi del 2016 siamo passati a 157 nel 2019.Tuttavia si sta osservando un graduale aumento dei casi tra gli omosessuali maschi: la proporzione di casi attribuibili a trasmissione tra MSM è passata dal 48,5% nel 2009-2010 al 54,4% nel 2017-2019.
Nel contesto nazionale, per la prima volta dal 2009, la Toscana con 3,8 nuove diagnosi per 100.000 residenti ha un’incidenza più bassa rispetto alla media italiana (4,2 per 100.000 res.).

I casi di Aids sono stabili negli ultimi anni e la Toscana con un’incidenza di 1,3 per 100.000 residenti si mantiene tra le regioni italiane con incidenza più alta (Italia: 0,9 per 100.000).

Una quota sempre maggiore di pazienti si presenta tardi alla prima diagnosi di sieropositività, cioè in una fase già avanzata di malattia con un quadro immunologico compromesso e spesso già in AIDS. Questo comportamento è collegato con la bassa o moderata percezione del rischio di HIV nella popolazione che effettua il test solo quando vi è il sospetto di una patologia HIV correlata o una sospetta MTS o un quadro clinico di infezione acuta e solo il 30% lo effettua spontaneamente per percezione di rischio. I pazienti che si presentano tardi alla diagnosi sono più frequentemente eterosessuali maschi, stranieri e di età più avanzata. Si sta osservando comunque negli anni un trend in aumento di diagnosi tardive anche tra gli MSM.

La diagnosi precoce dell’infezione da HIV presenta dei benefici sia per il singolo individuo, in quanto permette il tempestivo inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (cART) con riduzione della mortalità e morbilità correlata con HIV e conseguente allungamento dell’aspettativa di vita dei soggetti HIV positivi, sia per la salute pubblica, perché la conoscenza del proprio stato di HIV positività comporta l’assunzione di comportamenti sessuali consapevoli. Con l’abbattimento della carica virale a seguito dell’inizio della cART si riduce, inoltre, la trasmissibilità dell’infezione.

Sebbene siano necessari ulteriori studi più ampi per chiarire meglio l'impatto dell'infezione da HIV su COVID-19, i dati ad oggi dicono che, una PLWHIV (People Living With HIV) in trattamento antiretrovirale efficace, con un numero di CD4 maggiore di 500 e con viremia controllata, se contrae il Covid-19 non ha un rischio di peggior decorso rispetto a una persona HIV-negativa. Altri fattori potrebbero, però, complicarne il decorso e tra questi: una più elevata età (> di 60/65 anni), la presenza di altre patologie polmonari concomitanti, l’essere fumatori o fumatrici o avere un numero ridotto di CD4.

La diagnosi tardiva suggerisce problemi persistenti con l'accesso e la diffusione del test. Per ridurre l'alta percentuale di persone con diagnosi tardiva, è essenziale dare priorità a una serie di interventi di sanità pubblica finalizzati ad aumentare la consapevolezza sul grado di diffusione dell’infezione e sulle modalità di trasmissione e prevenzione e facilitare all’accesso ai test. Le misure necessarie per il contenimento della pandemia Covid-19 potrebbero invece ridurre l’accesso ai servizi.



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