L’uso dei farmaci ipolipemizzanti in Toscana

A cura di:
Francesco Profili, Paolo Francesconi (ARS Toscana, Osservatorio di Epidemiologia); Rossella Marcucci (Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di medicina sperimentale e clinica)
Il consumo dei farmaci ipolipemizzanti [1] è aumentato nel periodo 2016-2023, con una variazione media annuale (CAGR) [2] del 5,3%. L’andamento segue una continua crescita nel periodo osservato, con incrementi simili di anno in anno, che tendono ad accentuarsi a partire dal 2022.
L’analisi del trend dei volumi di erogazione dei farmaci ipolipemizzanti negli ultimi 8 anni mostra un generale aumento dei consumi, in particolare dei due principi attivi atorvastatina e rosuvastatina, che comprendono le formulazioni con i dosaggi ad alta efficacia, capaci di ridurre di circa il 50% i livelli di colesterolo LDL. È aumentato in modo significativo il consumo dei farmaci di associazione statine-ezetimibe e di solo ezetimibe.
Questi andamenti sono in accordo con le indicazioni cliniche degli ultimi anni, formulate sulla base delle evidenze dalla letteratura scientifica che hanno dimostrato come il beneficio in termini clinici per il paziente aumenta con la riduzione dei livelli di colesterolo LDL. Ciò è vero sia per la popolazione che ha già sperimentato un evento cardiovascolare maggiore (infarto, ictus, arteriopatia periferica) sia per la popolazione ad alto rischio in prevenzione primaria. Si tratta quindi di dati confortanti perché saranno associati, nel follow-up, ad una riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori. Il fatto, inoltre, che questa riduzione possa essere ottenuta utilizzando in modo maggiore le terapie di combinazione, che consentono una riduzione degli effetti collaterali e dei costi combinate ad una maggiore efficacia, è un successo delle campagne di informazione e sensibilizzazione del personale sanitario e della popolazione.
Parallelamente assistiamo anche ad un modesto aumento della sola ezetimibe, verosimilmente frutto della maggiore attenzione verso i livelli di colesterolo in chi ha intolleranza alle statine. Ricordiamo, ad esempio, che chi utilizza inibitori di PCSK9 ed è intollerante alle statine ha come condizione necessaria la presenza della terapia con ezetimibe.
Sarà interessante valutare se questo aumento dei consumi dei farmaci ipolipemizzanti si tradurrà (come dovrebbe) in una riduzione effettiva dei livelli di colesterolo LDL, prova del corretto ed appropriato impiego di tipo e dosaggio dei farmaci.
Emergono però anche alcuni dati negativi. Persiste, ad esempio, una discrepanza di genere, con un minor consumo di farmaci tra le donne rispetto agli uomini. Considerando che, dopo la menopausa, le donne hanno lo stesso rischio cardiovascolare degli uomini (e l’analisi si è focalizzata sulla popolazione over45enne) e che la loro prima causa di morte è la malattia cardiovascolare, il mancato miglioramento del gender gap nel consumo dei farmaci ipolipemizzanti indica la strada da seguire per la formazione del personale sanitario e per l’informazione della popolazione. Il ridotto peso corporeo medio delle donne rispetto agli uomini è una delle possibili cause di aumentata intolleranza alle statine, ma non tale da giustificare la discrepanza osservata. È necessario lavorare di più su questo aspetto, con campagne di informazione mirate alla popolazione femminile.
Inoltre restano ancora basse l’aderenza e la persistenza alla terapia con ipolipemizzanti e questo rischia di vanificare gli sforzi che il sistema sanitario sta facendo. La riduzione del rischio di eventi cardiovascolari associata alla riduzione del colesterolo LDL è frutto solo di una terapia cronica, che si mantiene nel tempo: iniziare una terapia efficace ed interromperla, significa pagare un costo senza ottenere un beneficio. Anche su questo è cruciale un intervento di informazione/formazione su popolazione e personale sanitario.
Note
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Per i farmaci considerati si veda l’appendice.
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Il CAGR (indice medio di variazione annua) è calcolato come media geometrica della variazione misurata dal 2016 al 2023.
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