HIV e AIDS in Toscana, il sistema di sorveglianza gestito dall'ARS e i dati aggiornati

a cura di: M. Puglia


In occasione della trentesima giornata mondiale contro l'AIDS, che si celebra in tutto il mondo il 1 dicembre, l’ARS pubblica il documento della serie In Cifre n. 17 HIV e AIDS in Toscana, dopo dieci anni dall’istituzione del nuovo sistema regionale di sorveglianza delle nuove infezioni da HIV. In Toscana il sistema di sorveglianza di entrambe le patologie è affidato all’Agenzia regionale di sanità, che dal 2004 gestisce il Registro regionale AIDS (RRA) e dal 2009 la notifica delle nuove diagnosi di HIV.

L'HIV continua a rappresentare un grave problema di sanità pubblica a livello globale. Secondo il nuovo rapporto UNAID, nel 2017: 36,9 milioni di persone nel mondo vivevano con l’HIV, 21,7 milioni hanno avuto accesso al trattamento, 940mila persone sono morte per malattie legate all’AIDS. In Italia, nel 2017 sono state segnalate 3.443 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a 5,7 nuovi casi per 100mila residenti. L’incidenza italiana è simile a quella media osservata tra le nazioni dell’Unione europea (5,8 nuovi casi per 100mila).

HIV in Toscana
In Toscana, come nella maggior parte delle regioni italiane, l’incidenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV presenta un andamento stabile dal 2009, tuttavia nel 2017 si è verificato il valore più basso dell’intero periodo. La Toscana, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’ISS, continua ad avere un tasso di incidenza maggiore rispetto a quello nazionale (6,3 per 100mila residenti vs 5,7 per 100mila residenti) e si colloca al quinto posto tra le regioni, preceduta da Molise (10,0 per 100mila), Lazio (7,5 per 100mila), Umbria (6,7 per 100mila) e Liguria (6,5 per 100mila). 

Nell’intero periodo sono state notificate in Toscana 2.744 nuove diagnosi di infezione da HIV (265 con un tasso di notifica di 7,1 per 100mila residenti nel 2017).
Il 76,6% dei casi notificati riguarda il genere maschile (rapporto maschi/femmina 3,3:1; incidenza maschi: 11,3 per 100.000; femmine: 3,2 per 100mila). L’età mediana è di 41 anni per i maschi e di 37 anni per le femmine. La classe più rappresentata è quella 30-39 anni con un’incidenza di 17,7 (per 100mila residenti). Sono in aumento i pazienti che scoprono la sieropositività dopo i 50 anni (incidenza: 4,6 per 100mila). L’età minima, escludendo i casi a trasmissione verticale, è di 17 anni. I casi pediatrici, che presentano quasi tutti modalità di trasmissione verticale tra madre e figlio, sono divenuti eventi rari, grazie alla terapia antiretrovirale somministrata alla madre sieropositiva e all’introduzione del test per HIV tra gli esami previsti nel libretto di gravidanza. Nell’intero periodo di sorveglianza i casi pediatrici sono stati 8. Nessun caso è stato segnalato negli ultimi 2 anni. Gli stranieri, che costituiscono nel triennio 2015-2017 il 32,1% delle nuove diagnosi di HIV, hanno un’incidenza quasi quattro volte superiore a quella degli italiani e un andamento nuovamente in aumento.

La maggioranza delle infezioni da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti che costituiscono l’86,1% di tutte le segnalazioni, a sottolineare l’abbassamento del livello di guardia e la bassa percezione del rischio nella popolazione, soprattutto eterosessuale. Le persone che si sono infettate a causa dell’uso di droghe iniettive sono invece intorno al 5%.

Una quota importante di pazienti si presenta tardi alla prima diagnosi di sieropositività, evidenziando già un quadro immunologico compromesso. Una diagnosi tardiva dell’infezione HIV comporta, oltre ad un conseguente ritardo dell’inizio del percorso terapeutico, una ridotta efficacia della terapia, in quanto è più probabile che il paziente presenti infezioni opportunistiche che rischiano di compromettere l’effetto della terapia. Inoltre nei pazienti con infezione avanzata, il virus tende a replicarsi più velocemente, determinando un aumento della carica virale e un conseguente rischio di infezione. La consapevolezza da parte del paziente del proprio stato di sieropositività è un elemento molto importante in quanto permette di accedere tempestivamente alla terapia antiretrovirale e di ridurre la probabilità di trasmissione dell’infezione legata a comportamenti a rischio. Un caso di HIV su 5 è già in AIDS conclamato al momento della diagnosi di sieropositività. La proporzione delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV diagnosticate con un numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/µL è del 36,4%, mentre quella di coloro con un numero di CD4 inferiore a 350 cell/µL è del 53,4%, valori in linea con quelli medi nazionali. Le persone che scoprono di essere HIV positive in ritardo sono più frequentemente maschi, stranieri, hanno un’età più avanzata ed hanno contratto l'infezione prevalentemente attraverso contatti eterosessuali.  Il 52,5% dei pazienti effettua il test nel momento in cui vi è il sospetto di una patologia HIV-correlata o una sospetta malattia a trasmissione sessuale (MTS) o un quadro clinico di infezione acuta; solo il 29,1% lo effettua spontaneamente, a confermare la bassa percezione del rischio. Nelle femmine oltre a queste due motivazioni, si aggiunge una quota importante di donne che ha eseguito il test durante un controllo ginecologico in gravidanza (16,0%). Si conferma per gli uomini omosessuali una maggior percezione del rischio rispetto agli eterosessuali:  nel 47,0% dei casi (21,8% gli etero) effettuano il test spontaneamente per percezione del rischio.

AIDS in Toscana
L’andamento dei casi di AIDS in Toscana è analogo a quello nazionale: si evidenzia un incremento dell’incidenza dall’inizio dell’epidemia sino al 1995, seguito da una rapida diminuzione dal 1996 fino al 2000 e da una successiva costante lieve diminuzione che si è assestata nell’ultimo quinquennio a circa 80 nuovi casi l’anno, 77 nel 2017. La Toscana, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’ ISS, continua ad avere un tasso di incidenza maggiore rispetto a quello nazionale (1,8 per 100mila vs 1,1 per 100mila residenti) e si colloca al secondo posto tra le regioni, preceduta dalla Liguria (2,5 per 100mila). In Toscana, dall’inizio dell’epidemia al 31 dicembre 2017, sono stati notificati 4.828 nuovi casi di AIDS. I casi pediatrici risultavano 55: 52 casi registrati prima del 2001, 1 nel 2011, 1 nel 2012 e un caso nel 2015. Nessun caso è stato registrato negli ultimi 2 anni. L’assestamento delle nuove diagnosi è una conseguenza dell’allungamento del tempo di incubazione dell’AIDS dovuto all’effetto della terapia antiretrovirale combinata. A fronte di una stabilizzazione dei casi notificati si contrappone un forte incremento dei casi prevalenti (2.132 al 31/12/2017), legato all’aumento della sopravvivenza. Sono 543 i soggetti di cittadinanza non italiana ai quali è stata notificata l’AIDS. Il tasso di notifica della popolazione straniera, risulta nettamente superiore rispetto a quello della popolazione italiana (5,1 per 100mila residenti vs l’1,8 nel triennio 2015-2017), sebbene in 15 anni si è più che dimezzato.

Si conferma, come per gli scorsi anni, la scarsa consapevolezza della possibilità di contagio da parte della popolazione, soprattutto eterosessuale che viene a conoscenza della propria sieropositività in fase avanzata di malattia ed effettua il test solo quando vi è il sospetto di una patologia HIV correlata. Questo comportamento porta alla diffusione anche inconsapevole dell'infezione e ad un ritardo nell'accesso alle cure. Iniziare la terapia antiretrovirale precocemente è un vantaggio sia in termini di sopravvivenza che di qualità della vita. Come sottolineato negli scorsi anni, è necessaria una maggiore informazione sulle malattie a trasmissione sessuale rivolta a tutta la popolazione, non solo ai giovani ed occorre incrementare e facilitare l’accesso ai test.


Nuove diagnosi di HIV e di AIDS notificate in Toscana per anno di diagnosi. Anni 2009-2017
HIV AIDS

Comportamenti sessuali nei giovani
Dall’ultima indagine EDIT 2018, condotta dall'ARS su un campione di teenager tra i 14 e il 19 anni, risulta che quasi la metà dei ragazzi non usa il profilattico durante un rapporto sessuale completo (47,2% delle femmine, 36,4% dei maschi). L’uso del profilattico si riduce ulteriormente all’aumentare dell’età,  soppiantato dall’uso della pillola anticoncezionale (26,6% dei 18enni): ciò dimostra che molti ragazzi non percepiscono il profilattico come strumento di prevenzione, ma soprattutto come un metodo anticoncezionale.

Monia Puglia, Ricercatore ARS Toscana



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