Cure ospedaliere, come valutare l'accesso garantito dalle Regioni?

a cura di: Collini F, D'Arienzo S, Forni S, Gemmi F


Come in altre discipline scientifiche, gli aspetti riguardanti la distribuzione geografica della popolazione oggetto di studio rivestono un grande interesse nelle analisi di tipo epidemiologico.

L’attuale emergenza sanitaria da COVID-19 ci ricorda ogni giorno, da un anno e mezzo a questa parte, che in sanità pubblica, le condizioni ambientali rivestono un ruolo fondamentale rispetto alla presenza e alla diffusione delle malattie infettive. Anche le condizioni sociali sono molto importanti e i dati ISTAT del 2020, pubblicati a giugno scorso, confermano che la povertà assoluta è tornata a crescere in Italia, coinvolgendo oltre 5,6 milioni di individui (+19,5% rispetto al 2019).
Di fronte a questo scenario crediamo necessaria una riflessione sulla variabilità del territorio toscano rispetto ad alcuni degli indicatori che il Nuovo sistema di garanzia (NSG) reputa tra i più importanti per valutare le capacità di ciascuna Regione nel garantire accessibilità alle cure ospedaliere.

...ma cos’è la variabilità geografica e perché è importante misurarla?

In ambito sanitario, l’effetto “ambiente” viene definito come un fattore contestuale che influenza la suscettibilità individuale alla malattia studiata [1]. È attribuibile alle caratteristiche del luogo stesso in cui le persone vivono ed è separato da quelle che sono le caratteristiche degli individui (sesso, età, comorbilità, stile di vita).

Sono passati più di trent’anni da quando The King's Fund ha pubblicato una prima recensione sul tema della variabilità nell’assistenza sanitaria, aggiornata nel 2011 [2-3]. Questi lavori illustrano come l'assistenza e le politiche sanitarie dagli anni '70 in poi sono state progettate e realizzate per fare fronte a differenze riscontrate nell'allocazione delle risorse, nelle prestazioni erogate dalle organizzazioni sanitarie locali e nell'accesso e utilizzo dei servizi sanitari da parte delle popolazioni locali.

Sfortunatamente, le questioni sollevate dal rapporto del 1988 sull'efficienza, l'equità e la sicurezza dei pazienti e le cause delle variazioni - l'influenza della domanda, dell'offerta e del processo decisionale professionale - rimangono le stesse di oggi. Come anche l’evidenza di grandi differenze.

Se da un lato la persistenza di tali variabilità potrebbe riflettere semplicemente delle differenze effettive e giustificate come ad esempio la necessità di assistenza in differenti popolazioni, dall’altro potrebbe evidenziare delle iniquità ingiustificate da affrontare e superare.

Dunque, la complessa domanda è: quali differenze - o quali proporzioni di variazione – sono giustificate e quali sono ingiustificate?

Come ha notato Evans già nel 1990 [4]: "Se le diversità rappresentano una prova di cura inappropriata, quale cura è inappropriata? Le regioni, le istituzioni o i professionisti con alti tassi di erogazione? oppure coloro che sperimentano bassi tassi stanno sotto-dimensionando l’offerta assistenziale? Oppure semplicemente il tasso "migliore" è una misura intermedia tra i due estremi (o oltre le due estremità)? "

Un approccio al problema è iniziare con la mappatura delle possibili cause di variabilità, dalle possibili variazioni spurie causate da problemi di qualità dei dati o dalle differenze nel modello geografico della malattia fino agli effetti di “sostituzione”, derivanti dalle differenze nell'uso dell'assistenza sanitaria privata, e differenze nel comportamento clinico, derivanti dall'interazione tra sistemi di pagamento e caratteristiche dei medici (Figura 1).

Figura 1 – Mappatura delle cause di variabilità.
(Fonte: https://www.kingsfund.org.uk/publications/variations-health-care  - pag. 3)
fig 1 approf Collini 29lug2021

Il Dartmouth Atlas Project [5] ha definito 3 categorie di variabilità per aiutare a classificare le variazioni giustificate o meno, ma anche per identificare dove indirizzare gli sforzi per affrontare le variazioni ingiustificate.
  1. Effective care: questo tipo di variabilità riflette la capacità o l'incapacità di fornire cure necessarie, basate sull'evidenza scientifica (come ad esempio l’indicazione a eseguire il monitoraggio dell’ emoglobina A1c nei pazienti diabetici).
  2. Preference-sensitive care: questo tipo di variabilità riflette le decisioni del paziente, che si trova di fronte a rischi e benefici diversi, ma anche la discrezione clinica esercitata dai medici.
  3. Supply-sensitive care: questo tipo di variabilità riflette quanto le cure sono sensibili all’offerta dei servizi (come letti ospedalieri, medici di base, apparecchiature diagnostiche o, in effetti, le competenze e l'esperienza di specialisti).
Tale categorizzazione può capovolgere il problema, evidenziando una soluzione per promuovere attivamente una “buona” variabilità garantendo maggiore attenzione alle preferenze del paziente e ad un migliore scambio di informazioni con quest’ultimo.

La misura della variabilità del territorio proposta dal Nuovo Sistema di Garanzia

Il NSG pone specifica attenzione all’eterogeneità geografica interna alle regioni, al fine di dar conto di aggregati sub-regionali che presentano criticità nella garanzia dei LEA. Infatti, valori degli indicatori accettabili a livello regionale possono essere determinati da livelli molto differenti quando si scende di scala.
Per questo alcuni degli indicatori di valutazione relativi all’area ospedaliera vengono pesati attraverso l’indice MOR (Median Odds Ratio). Un valore del MOR pari ad 1 indica l’assenza di variabilità; quanto più il MOR si discosta dall’unità, maggiore è la variabilità all’interno di una determinata area geografica. E quindi, tanto più la variabilità all’interno del territorio regionale sarà elevata, tanto più la valutazione specifica dell’indicatore peggiorerà.

Gli indicatori dell’area ospedaliera che sono pesati attraverso il MOR sono: la percentuale di pazienti con diagnosi di frattura del collo del femore operati entro 48 ore, la percentuale di parti cesarei primari in strutture di I e II livello, la percentuale di interventi per tumore maligno della mammella eseguiti in reparti con volume di attività superiore a 135 interventi annui.

Tre indicatori ormai consolidati del sistema ospedaliero che indicano il grado di tempestività e di appropriatezza delle cure.

In Toscana, la percentuale di pazienti over 65 con diagnosi di frattura del collo del femore operati entro 2 giorni in regime ordinario passa da 75,8% nel 2019 a 70,3% nell’anno pandemico 2020, pur rimanendo ben al disopra della soglia ministeriale (≥ 60%).

Già dalla figura 2, che rappresenta la dispersione degli ospedali toscani intorno al valor medio regionale (linea rossa), è evidente che molti ospedali hanno percentuali significativamente diverse, e sono rappresentati nel grafico da tutti i quadrati al di sopra e al di sotto delle linee tratteggiate, che rappresentano i margini di errore.

Figura 2 – Frattura femore, percentuale di interventi eseguiti entro 2 giorni – anno 2020
(Fonte: Banche dati ARS Toscana (https://www.ars.toscana.it/banche-dati/dettaglio_indicatore-722-frattura-femore-interventi-2-giorni?provenienza=prolea_capitoli&par_top_geografia=090&dettaglio=ric_anno_geo_prosero)

fig 2 approf Collini 29lug2021

Tale variabilità è confermata dall’indice MOR. Nel 2020, passare da un ospedale con minor percentuale d’interventi per frattura di femore operati entro 2 giorni ad uno a più alta percentuale, comporta che la probabilità di essere operati entro 2 giorni aumenta di oltre 2 volte (MOR=2,2 p<0,001). Inoltre l’eterogeneità tra le strutture toscane è aumentata rispetto al 2019 (MOR=1,9 p<0,001), in particolar modo tra gli ospedali dell’Area Vasta Centro (vedi tabella 1).

Tabella 1 – Frattura femore, percentuale di interventi eseguiti entro 2 giorni – MOR
tab 1 approf Collini 29lug2021
La percentuale dei parti cesarei primari in punti nascita di I livello (quelli con meno di 1000 parti l’anno) continua a essere troppo elevata, 19,3% (soglia ministeriale richiede < 15%) ed è peggiorata nel tempo. Ancora una volta l’indice di variabilità tra strutture annuncia che, nel 2020, il passaggio da una struttura a minor percentuale di parti cesarei rispetto ad una a più elevata percentuale, il rischio di effettuare un parto cesareo aumenta del 25% (MOR=1,249 p<0,001). In questo caso la maggior variabilità tra strutture si ha tra quelle presenti sul territorio dell’Area Vasta Sud-Est (MOR=1,28 p<0,001) che però migliora rispetto al 2019 (MOR=1,46). Da notare che gli ospedali dell’Area Nord-ovest sembrano azzerare la variabilità proprio nel 2020.

Al contrario, la percentuale di parti cesarei primari in punti nascita di II livello è diminuita, poiché passa da 21,6% nel 2019 a 19,6% nel 2020 (-9,6%) rimanendo correttamente sotto soglia ministeriale (≤25%). La percentuale di variabilità complessiva è del 31%. Tra le strutture dell’Area Vasta Centro sembra non esserci eterogeneità (MOR=1) mentre nell’Area Vasta Nord-ovest la percentuale di variabilità è in aumento (tabella 2).

Tabella 2 - Punti nascita di I e II livello, percentuale di parti cesarei primari - MOR
tab 2 approf Collini 29lug2021
La percentuale d’interventi per tumore maligno della mammella eseguiti in reparti con volume di attività superiore a 150 interventi annui è diminuita di 5,8 punti percentuali, passando da 96,5% a 90,9%.

Com’è visibile nella figura 3, anche nel 2020 l’indicatore è raggiunto al 100% in quasi tutti gli ospedali toscani. In tre ospedali il 70% circa dell’attività chirurgica è eseguito in reparti che superano la soglia di volume annuale, mentre sei ospedali non superano la soglia dei 150 interventi annui.

In questo specifico caso, in cui la variabilità è molto ridotta per singola struttura, è stato possibile calcolare il MOR solo ad un livello geografico superiore ovvero per Area Vasta. Il valore ottenuto pari a 2,25 (p<0.001) significa che il passaggio da un’Area Vasta a minor percentuale d’interventi per tumore maligno della mammella eseguiti in reparti con volume di attività superiore a 150 interventi annui rispetto ad un’area vasta a più elevata percentuale, il rischio di eseguire un intervento in reparti che raggiungono la soglia aumenta di oltre 2 volte.

Figura 3 – Tumore maligno della mammella, percentuale d’interventi eseguiti in reparti con volume di attività superiore a 150 (10% tolleranza) interventi annui- anno 2020
fig 3 approf Collini 29lug2021

L’attenzione che pone il NSG nel misurare la variabilità fra territori fa capire quanto sia più che mai importante e attuale trattare questo tema affinché non si annidi iniquità tra i cittadini o inaccessibilità ai servizi garantiti dal sistema sanitario.

L’analisi dei tre indicatori presentati in questo approfondimento ci ha permesso anche di fare un confronto temporale sulla variabilità sperimentata nel territorio toscano in due anni, il 2019 e il 2020, ormai divenuti spartiacque di un tempo pre e post pandemia.

Sappiamo che nell’anno 2020, per mantenere separate le attività per l’assistenza alla COVID-19 dalle altre prestazioni ospedaliere, molte equipe chirurgiche hanno dovuto utilizzare sedi non usuali per eseguire interventi chirurgici programmati: in questo caso l’aumento di variabilità evidenzia un necessario adattamento del sistema ospedaliero, in risposta a nuove necessità.

Poter misurare specifici fenomeni è necessario per comprendere la realtà di un sistema regionale o nazionale, ma è imprescindibile leggere e interpretare i risultati alla luce di ciò che accade intorno a noi. Sicuramente il NSG dovrà riflettere su come poter applicare questi pesi nella situazione particolare che stiamo vivendo.
 

A cura di: 

Francesca Collini, Sara D'Arienzo, Silvia Forni, Fabrizio Gemmi - Agenzia regionale di sanità della Toscana



Per approfondire

Bibliografia essenziale

  1. Taylor SE, Repetti RL, Seeman T. Health psychology: what is an unhealthy environment and how does it get under the skin? Annu Rev Psychol 1997;48:411-47.
  2. Ham C (ed). Health Care Variations: Assessing the evidence. London: King’s Fund Institute, 1988.
  3. John Appleby J , Raleigh V, Frosini F, Bevan G, Gao H, Lyscom T. Variations in health care. The good, the bad and the inexplicable. London: King’s Fund Institute, 2011.
  4. Evans RG (1990). ‘The dog in the night-time: Medical practice variations and health policy’ in Andersen TF, Mooney G (eds), The Challenges of Medical Practice Variations, pp 117–52. London: Macmillan Press.
  5. Wennberg JE, Fisher ES, Skinner JS (2002). ‘Geography and the debate over Medicare reform’. Health Affairs website.