Garantire cure palliative in condizioni di pandemia

a cura di: F. Collini, S. D’Arienzo, A. Zuppiroli, F. Ierardi, F. Gemmi


Lo scenario al mese di aprile 2020
Una pandemia è una causa e un potente amplificatore di sofferenza che si esplicita attraverso la malattia fisica e la morte, attraverso lo stress e le ansie, e anche attraverso l’instabilità finanziaria e sociale. Alleviare la sofferenza, in tutte le sue forme, deve essere una parte fondamentale della risposta che i nostri servizi sanitari possono e devono offrire.

L'OMS ha pubblicato una guida, dove vengono indicati i servizi sanitari essenziali da garantire anche durante la pandemia. Tra i tanti, quelli legati alle cure di emergenza, alle vaccinazioni, alla salute materno-infantile ed alla cura delle malattie croniche ma non si fa menzione di cure palliative. Questa svista a carattere internazionale fa comprendere come le cure palliative non abbiano ancora raggiunto quella dignità che meriterebbero.

L’epidemia può invece essere l’occasione per aprire a una visione delle cure palliative come risorsa integrativa per i pazienti affetti da gravi patologie croniche, oncologiche e non, Covid-19 positivi o meno e per non restringere il campo delle cure palliative alla sola terminalità. Le cure palliative dovrebbero far parte dei piani di risposta per Covid-19 non solo per gli aspetti strettamente biomedici, ma anche per quelli relazionali: basti pensare ai tanti casi di interruzione delle relazioni affettive con i propri cari e di morti in solitudine.

Non sono necessari investimenti tecnologici ad alto costo: sono sufficienti semplici misure pratiche tra le quali assicurare l'accesso ai farmaci (come gli oppioidi), prendere in considerazione un maggiore uso della telemedicina e di contatti attraverso il video, discutere in anticipo piani di assistenza individuale e condivisa. Si comprende come tutto ciò debba passare attraverso un’adeguata formazione e preparazione in tutto il personale sanitario.

In particolare, per quanto riguarda la gestione del percorso Covid-19 in ambito territoriale, la Toscana ha individuato (allegato A ordinanza n. 34/2020) in ogni Zona-distretto l’Unità di cure palliative di riferimento per gli operatori dedicati all’assistenza dei pazienti Covid-19 e mette a loro disposizione un numero di telefono cellulare attivo dalle 8 alle 20. Tramite questo contatto sono fornite consulenze a distanza su problematiche cliniche e assistenziali, vengono programmati accessi congiunti con il medico richiedente, in caso di situazioni complesse, e viene offerto supporto clinico relazionale per la Pianificazione condivisa delle cure (PCC), con la possibilità di attivare un percorso di supporto psicologico per il malato e i suoi familiari, sfruttando tecnologie di comunicazione telematica (figura 1).

Figura 1 – Organizzazione delle cure palliative per i casi COVID-19 (Fonte: estratto da pag. 15 allegato A ordinanza n.34

cure palliative figura 1

Per quanto riguarda la normale assistenza domiciliare e in hospice, garantita dalla Rete di Cure palliative regionale, i percorsi di attivazione e presa in carico a livello base e specialistico non sono stati modificati, fatte salve le norme di sicurezza delle procedure, l’uso dei DPI e l’esecuzione di un tampone all’accesso in hospice.

Il quadro d’insieme relativo agli anni passati
Attraverso i dati amministrativi regionali probabilmente solo dopo l’estate 2020 potremo dare un primo feedback in merito a quanto stiamo vivendo in questi primi mesi dell’anno.

Oggi, però, possiamo ed a maggior ragione dobbiamo mantenere fede al nostro impegno annuale di aggiornare alcuni indicatori che ci permettono di capire quanto i cittadini toscani con una storia clinica di tumore o di malattia cronica, giunti al termine della loro vita, vengano presi in carico dalla rete delle cure palliative e quanto i servizi attivino percorsi adeguati, tempestivi ed efficaci.  Da un attento esame dei dati relativi al quadriennio 2015-2018 è possibile comprendere lo status quo dal quale gli hospice e l’assistenza domiciliare sono partiti per fronteggiare l’emergenza Covid-19.

La popolazione in esame riguarda circa 18.500 pazienti deceduti ogni anno per causa di tumore e/o con storia di malattia cronica (scompenso cardiaco e bronco-pneumopatia cronica ostruttiva) negli anni 2015-2018. Essa rappresenta il 43% dei decessi in Toscana. Si tratta di una popolazione nella quale sale la percentuale di morti dovute a malattia cronica, una popolazione sempre più anziana, con l'incremento maggiore proprio nella classe 85+ (dal 42,5% del 2015 al 45,1% del 2018), con una crescente comorbilità e con un titolo di studio basso, che potrebbe incidere sulla facilità di accesso ai servizi di cura.

La realtà dell’assistenza nel fine vita in Toscana, ovvero negli ultimi 30 giorni di vita di questi pazienti, risulta ancora centrata sull’ospedale, addirittura incrementata dal 2015 al 2018, soprattutto per gli accessi in pronto soccorso, che sono passati dal 61,1% del 2015 al 69,7% del 2018. Va comunque segnalata la positiva riduzione degli interventi di supporto vitale intensivo, che erano presenti nel 27,4% dei ricoveri nell’ultimo mese di vita nel 2015, mentre nel 2018 questa percentuale è scesa al 18,2%. Si deve dunque purtroppo constatare che di fronte ad un problema clinico insorgente nell’ultimo mese di vita in questa popolazione molto anziana ed affetta da gravi patologie il ricorso al pronto soccorso resta la principale risorsa, cui consegue una percentuale di ricovero stabile negli anni; infine, una volta ricoverati, questi pazienti ricevono meno trattamenti intensivi.  Quasi la metà di questa popolazione decede in ospedale (48,7% nel 2018) con un andamento in crescita (era il 45,5% nel 2015).

Tra coloro che hanno avuto una storia clinica di malattia oncologica oppure una malattia oncologica in concomitanza di una cronica, il ricorso alla chemioterapia a 30 giorni dal decesso riguarda una quota costante di casi, pari al 5%. Invece l’andamento di quelli che iniziano un nuovo trattamento chemioterapico nell’ultimo mese è in diminuzione: nel 2018 si tratta del 3%.

La percentuale di pazienti che ha fatto ricorso all’hospice nell’ultimo mese di vita è rimasta sostanzialmente invariata tra il 2015 ed il 2018 per i pazienti oncologici e mostra un lievissimo incremento per i pazienti affetti da malattie croniche. I valori sono sempre molto differenti a seconda della condizione clinica: nel 2018 si tratta del 16,6% dei pazienti oncologici e solo dell’1,7% tra i pazienti con malattia cronica. Nel 2018 gli accessi in Hospice nell’ultima settimana di vita sono ancora aumentati: la percentuale riguarda ormai almeno un paziente su due (54%) tra gli oncologici, ed almeno due su tre (68,7%) tra i pazienti con malattia cronica. La degenza mediana è di tre giorni per i pazienti neoplastici, addirittura di due giorni per i pazienti affetti da malattie croniche.

Tutto questo accade, nonostante l’accesso alle cure domiciliari erogate dal servizio sanitario regionale stia pian piano incrementando nel tempo. A questo proposito, va considerato che all’analisi dei dati amministrativi regionali sfugge una quota significativa di servizi erogati dalle Associazioni di volontariato. Si tratta di una criticità che deve assolutamente essere superata quanto prima, mediante convenzioni ad hoc, al fine di conoscere, e dunque governare appropriatamente, tutto il ventaglio di prestazioni erogate.

La percentuale di pazienti che non ricevono cure, né dall’assistenza domiciliare né dalle strutture Hospice, resta comunque elevata (76,5% nel 2018).
Ad oggi, la sola informazione significativa sulla terapia del dolore riguarda il consumo territoriale di farmaci oppioidi. Il trend osservato nell’utilizzo di questi farmaci nell’ultimo mese di vita è stabile nei quattro anni, con valori nel 2018 pari al 12,5%.

I dettagli relativi al singolo sottogruppo di popolazione (malattia oncologica, malattia cronica, malattia oncologica e cronica) si possono leggere nelle slide sotto riportate con relativo commento.

In conclusione, questo rapporto sulla qualità dell’assistenza nelle cure di fine vita per i pazienti oncologici e/o affetti da patologie croniche cardiopolmonari è piuttosto sconfortante per almeno due ragioni.

La prima è che per il quarto anno consecutivo si dimostra un andamento sempre più “ospedale-centrico”, nel quale l’impatto delle cure palliative resta estremamente marginale, in particolare per i pazienti non oncologici. Questi dati sono ormai noti da almeno quattro anni, inoltre non mancano le elaborazioni teoriche che prendono atto della transizione demografica ed epidemiologica – basti pensare al Piano nazionale delle cronicità, risalente ormai al 2016 ed al nostro Piano sanitario sociale integrato regionale 2018-2020, purtroppo largamente inattuati. Seppure da quattro anni avvertiamo l’incongruenza di un modello di assistenza e cura che risponde ai bisogni dei cronici con le strutture ed i percorsi per gli acuti, niente cambia. Potremmo qui riprodurre ciò che scrivevamo nel 2017 a commento dei dati 2015 … nessuno se ne accorgerebbe, perché quelle parole restano – purtroppo – attualissime. Lo sconforto è acuito dalla dimostrazione, anch’essa invariante nei quattro anni, di quanti costi economici, oltre che etici, potremmo risparmiare con una diversa organizzazione.

La seconda ragione del nostro sconforto è data dal trovarci oggi in piena emergenza pandemica, e non è difficile immaginare che il nostro sistema sia arrivato a fronteggiare le gravi problematiche poste dallo scoppio di Covid-19 potendo e sapendo rispondere, almeno in una prima fase, solo in termini di potenziamento delle risorse ospedaliere per acuti. Si può facilmente immaginare il livello di qualità della vita e della morte dei tanti, troppi pazienti coinvolti.
Si deve comunque dare atto alla Regione Toscana di aver risposto, tra le altre, con l’ordinanza 34  già citata, che riserva ampio spazio nel percorso dei malati Covid-19 alle cure palliative: le future analisi ci sapranno dire se anche queste belle intenzioni saranno rimaste sulla carta o saranno state tradotte in pratiche virtuose.

In sintesi, il tema della qualità dell’assistenza nelle cure di fine vita richiede un’attenzione che finora non è stata all’altezza dei cambiamenti epidemiologici. L’intento di questo approfondimento è quello di fornire uno stimolo utile alla discussione tra istituzioni, professionisti e rappresentanze dei cittadini/pazienti su quanto (poco) è stato fatto finora e quanto (tanto) resta ancora da fare. L’obiettivo, comune a tutti i portatori d’interesse, è quello di rendere le pratiche di cura e di assistenza da una parte sempre più coerenti con le esigenze dei malati e dei loro familiari e dall’altra sempre più efficaci ed appropriate, nel contesto imprescindibile della loro sostenibilità.



Francesca Collini, Sara D’Arienzo, Alfredo Zuppiroli, Francesca Ierardi, Fabrizio Gemmi - ARS Toscana


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