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A 5 mesi dall'avvio dell'epidemia di Sars Cov-2 in Italia ed in Toscana, proviamo a fare il punto sulla diffusione nella nostra regione all’interno del quadro italiano.
Dopo un periodo di costante discesa delle nuove diagnosi che aveva caratterizzato i mesi di maggio e di giugno, dall’inizio di luglio stiamo assistendo ad un piccolo rialzo dei contagi: le infezioni giornaliere registrate in Toscana erano mediamente 5 nell’ultima settimana di giugno, mentre in questi ultimi giorni sono tornate ad essere 11 in media, come a fine maggio.
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Nell’ultimo mese l’epidemia di Covid in Toscana, come quasi in tutta Italia, sembra avere finalmente trovato il suo punto di arresto: sono stati notificati 158 nuovi casi complessivamente, per una media di poco più di 5 giornalieri, a fronte di una capacità di intercettare i casi da parte dei nostri servizi in media di circa 3000 tamponi al giorno, capacità che quindi non è mutata pur nella diminuzione della diffusione dell’epidemia.
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E’ passato un mese oramai dalla temuta apertura integrale del 18 maggio, momento in cui è stata ridata la possibilità a tutti i cittadini italiani e toscani di potersi muovere liberamente sul territorio nazionale: è possibile quindi commentare i dati a disposizione, cercando di collocare la circolazione del coronavirus in Toscana all’interno del quadro nazionale.
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E’ quasi passato un mese dalla riapertura del 4 maggio, quindici giorni da quella integrale del 18 maggio. L'Ars Toscana “scatta la fotografia” sull’andamento della fase 2. La situazione in Toscana è del tutto favorevole: nell’ultima settimana sono emerse complessivamente 47 nuove diagnosi (nella mappa geografica qui sotto le nuove diagnosi dell’ultima settimana rappresentate dai pallini blu): in media 6,5 nuove diagnosi giornaliere.
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A due settimane dalla riapertura del 4 di maggio siamo in grado di fornire una prima, parziale, valutazione degli effetti che questa ha potuto avere sul diffondersi dell’epidemia.
Negli ultimi 15 giorni, in Toscana solo 4 volte la numerosità dei nuovi casi ha superato le 30 unità giornaliere e nelle ultime 3 settimane la media dei nuovi casi medi giornalieri è passata da 47 a 25 ed ora a 20 (era 292 nell’ultima settimana di marzo). Sempre più spesso questi casi rappresentano conferme a seguito dell’attività di screening attraverso i test sierologici, implementata dalla Regione Toscana dalla fine di aprile, o attraverso i tamponi effettuati sui soggetti che si presentano in ospedale per un evento acuto o per una pre-ospedalizzazione. Ricordiamo che ad oggi sono state testate nella nostra regione oltre 88.000 persone attraverso la campagna di test sierologici (1.300 circa quelle avviate al test di conferma con tampone).
La percentuale di casi positivi sui casi testati (escluse le guarigioni) è stabile all’1% da diverse settimane e pone la Toscana tra quelle regioni che sembrano avere maggiormente la situazione sotto controllo, soprattutto se la compariamo a tutte quelle regioni a larga diffusione dell’epidemia (Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, L’Emilia Romagna, Marche).
Ma non è il solo dato positivo: il forte innalzamento della percentuale dei guariti ha portato la Toscana tra le regioni con maggior quota di soggetti che hanno concluso il loro episodio di malattia (settima regione). Le guarigioni in Toscana, adesso, sono oltre il 10% in più della media italiana.
Con i dati aggiornati al 22 maggio, delle 10.035 persone che si sono ammalate di Covid-19 in Toscana dall’inizio dell’epidemia: il 72,1% sono guarite, il 10,1% sono purtroppo decedute, il 15,8% sono in isolamento domiciliare (con uno stato clinico che può quindi essere seguito e curato a domicilio o totalmente asintomatico), ed il 2,0% è ricoverato in ospedale. La somma delle ultime due percentuali ci fornisce la quota delle persone in una condizione “attiva” rispetto al virus, i cosiddetti “attualmente positivi” come definiti dalla Protezione civile: sono il 17,8% della casistica, una percentuale che finalmente permette una maggiore tranquillità della gestione clinica (soprattutto ospedaliera) di questi soggetti.
Il dato sui ricoveri, fortemente positivo: sono 50 giorni consecutivi che il numero dei ricoveri totali diminuisce. Nei nostri ospedali si osserva il succedersi della chiusura di alcuni reparti di terapia intensiva e la riduzione di posti letto dedicati ai soggetti covid. Tutto questo permette di fare alcune considerazioni rispetto alla gestione dei casi in Toscana da parte dei servizi. Come noto, la percentuale dei ricoveri in Toscana è sempre stata piuttosto bassa
rispetto alla casistica attiva: attualmente è il 10% dei casi attualmente positivi, quintultima regione in Italia poco sopra al Veneto. In Toscana quindi si è probabilmente cercato di seguire di più i casi sul territorio, casi che come sappiamo si sono evoluti mano che passavano le settimane verso stati clinici asintomatici e/o pauci sintomatici. Solo la casistica più grave è stata quindi indirizzata verso il ricovero, con un maggiore utilizzo delle terapie intensive rispetto alle altre regioni. Le terapie intensive sono state utilizzate anche verso casistiche che sarebbero potuto essere trattate in reparti Covid ordinari, ma che abbiamo deciso di gestire in maggiore sicurezza e tranquillità all’interno dei reparti di terapia intensiva.
Rispetto alla presa in carico territoriale, ricordiamo inoltre che oltre ai servizi dei Dipartimenti di Prevenzione, la Regione Toscana ha strutturato un servizio territoriale, le cosiddette USCA - Unità speciali di continuità assistenziale: grazie al sistema informativo unico regionale, predisposto dal Settore Sanità digitale e innovazione e illustrato in dettaglio nell'allegato all'ordinanza n. 34, è stato possibile dotare gli equipaggi, su tutto il territorio regionale, di uno smartphone con un’app appositamente sviluppata capace di raccogliere i parametri vitali dei pazienti a domicilio e di registrare in tempo reale tutte le prestazioni erogate. Questo servizio ha effettuato circa 70.000 prestazioni sul nostro territorio.
Rispetto ai decessi, purtroppo al 21 maggio sono più di 1000 le persone la cui causa di morte è direttamente attribuibile a Covid-19. La numerosità media giornaliera si è abbassata nel corso delle settimane: 4 in media nell’ultima settimana, erano 25 alla fine di marzo. Oramai è molto chiaro come fattori legati all’età ed alla comorbidità, oltre all’assenza di un trattamento efficace dedicato alla malattia, siano determinanti nel produrre l’esito più grave. Le analisi dell’Ars sulla Piattaforma ISS dei casi Covid hanno mostrato come un uomo abbia oltre due volte il rischio di morire, una volta ammalatosi, rispetto a una donna. L’effetto dell’età è altrettanto forte, con un progressivo aumento del rischio per le classi d’età più elevate: già a partire dai 65 anni, rispetto alla classe d’età 60-64 anni, il rischio aumenta di almeno due volte e di fatto raddoppia al passaggio da una classe d’età all’altra (vedi figura qui sotto).
Rischio di decesso per classe d’età (vs età 60-64 anni) aggiustato per genere e comorbilità. Toscana.
Inoltre, a parità di età e genere, la probabilità di morire per un malato Covid-19 con pregresse patologie croniche è circa 3 volte quella di un malato di Covid-19 senza alcuna patologia: tra le patologie i rischi maggiori si osservano tra i pazienti con patologie neurologiche, renali o respiratorie.
Alcune considerazioni finali su alcuni temi di stringente attualità. Minor carica virale del virus? Questo è un tema che nelle ultime settimane ha appassionato molto sia i media che gli scienziati, nel tentativo di inquadrare altri fattori concorrenti, oltre alle misure di distanziamento fisico operate dal lockdown. Sappiamo però come la perdita di virulenza non sia al momento dimostrata in vitro o nell’animale da esperimento. Quello che possiamo affermare con certezza, però, è la continua e progressiva emersione di casi asintomatici o pauci sintomatici, che anche in quest'ultima settimana - che stiamo cominciando ad utilizzare come verifica della prima apertura (vedi figura qui sotto) - supera l’80% dei casi.
Il dato della minor gravità dei casi (e non del virus) che i servizi territoriali e ospedalieri toscani stanno incontrando lo si desume anche dalla percentuale di utilizzo delle terapie intensive sui casi totali (compresi i deceduti ed i guariti).
Rapporto tra ricoverati in terapia intensiva e casi totali in Toscana ed in Italia. 11 marzo -22 maggio 2020.
Come si può evincere dalla figura, la quota dei casi più gravi (identificati dai ricoveri in terapia intensiva) si è ridotta costantemente in Toscana (come in Italia) ed è adesso allo 0,4% nella nostra regione. Questa riduzione sembra non dipendere dall’ampiamento progressivo dell’offerta dei tamponi che c’è stata fino all’inizio di aprile, e che potrebbe aver portato ad identificare una quota maggiore di asintomatici. L’andamento in discesa si è confermato, inoltre, anche nei momenti in cui il sovraccarico ospedaliero ha insistito in alcune regioni italiane, anche se la Toscana si è parzialmente salvata da questo fenomeno. Sicuramente su questa riduzione può avere invece influito una maggiore conoscenza ed utilizzo delle terapie che hanno impatto se utilizzate nei tempi precoci sulla malattia, permettendo ai soggetti lievi di non peggiorare il proprio stato clinico.
Se non possiamo dire quindi che il virus sia meno aggressivo, possiamo sicuramente affermare che la quota di casi gravi diminuisce e che questo non è il mero risultato della percentuale dei nuovi casi che sta diminuendo.
I tempi di guarigione da Covid-19 sono un tema fondamentale, non solo a livello dei meccanismi che regolano l’accertamento della negatività (dopo 15 gg negli asintomatici, per esempio con doppio tampone di negatività accertato), ma anche per una corretta interpretazione dei tempi di svuotamento dei reparti ospedalieri. Le analisi condotte sui dati della Piattaforma dei casi toscani ci dice che i tempi di guarigione sono molto più lunghi di quello che leggiamo in letteratura: la media è 35 gg al di là degli stati clinici, e può arrivare ai 41 gg sui casi clinici gravi.
Ad oggi una corretta valutazione della prima riapertura non può arrivare a considerazioni conclusive: al di la della numerosità dei casi, che potrà oscillare nei prossimi giorni grazie al maggiore movimento delle persone ed alla totale riapertura avvenuta, i parametri da tenere in considerazione per prendere decisioni sono innanzitutto l’emergere di eventuali nuovi focolai che andranno immediatamente intercettati, lo stato clinico dei nuovi casi e l’eventuale occupazione di posti letto ospedalieri in terapia intensiva, monitorando costantemente la gravità dei casi.
Per altri dati di dettaglio sulla situazione in Toscana, consulta la nostra piattaforma dati coronavirus:
Fabio Voller, Simone Bartolacci, Francesco Profili - ARS Toscana
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La letalità da CoViD-19, cioè la probabilità di morire tra i malati, è ancora un indicatore difficilmente misurabile senza rischiare di ottenere una misura resa imprecisa dai possibili bias (distorsioni) legati alla raccolta dei dati e ai tempi della prognosi della malattia.
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Siamo oramai quasi arrivati alla fine della seconda settimana della cosiddetta fase 2, ci stiamo quindi avvicinando al momento, probabilmente a partire da martedì 19 maggio, in cui cominceremo a valutare se la riapertura di alcuni settori economici e produttivi e la maggiore circolazione sul territorio della popolazione all’interno dei confini della nostra regione avranno o meno determinato un impatto sull’andamento dell’epidemia.
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Introduzione
La pandemia di CoViD-19 sta sfidando i sistemi di assistenza sanitaria in tutto il mondo con quadri clinici che variano da forme asintomatiche o pauci-sintomatiche a forme molto gravi che necessitano di cure intensive e sono gravate da alti tassi di letalità.
Sono stati segnalati diversi fattori di rischio tra cui età, genere e una varietà di comorbidità croniche come ipertensione, diabete, malattie polmonari e cardiovascolari. Tuttavia, l'importanza relativa delle malattie croniche preesistenti rimane poco chiara.
Il contesto demografico italiano
L’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ha recentemente rilasciato l’aggiornamento periodico dei principali indicatori demografici, basato sull’analisi dei movimenti avvenuti durante il 2019 e sulla fotografia della popolazione italiana al 1 gennaio 2020.
Lo scenario si caratterizza per la conferma del calo demografico osservato negli anni recenti: sono circa 116mila in meno gli italiani al 1 gennaio 2020 rispetto al 2019, -1,9 per 1.000 abitanti.
Questa diminuzione è da ricondursi al continuo aumento della forbice tra natalità e mortalità, che nell’ultimo anno ha visto nascere solo 67 bambini ogni 100 persone decedute (erano 96 ogni 100 deceduti 10 anni fa), e al rallentamento dei flussi migratori netti con l’estero, il cui saldo si mantiene positivo (+143mila), ma in calo di circa 32mila persone rispetto all’anno precedente.
Di conseguenza continua il progressivo invecchiamento della popolazione. L’età media degli italiani ha raggiunto i 45,7 anni e la percentuale di anziani (65 anni e più) il 23,1%: si contano ormai 178 anziani ogni giovane sotto i 15 anni (indice di vecchiaia, utilizzato in demografia per misurare la velocità di ricambio generazionale).